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Blackfish, intervista all'ex-addestratrice di orche Samantha Berg

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Ultimo aggiornamento

lunedì 16 dicembre 2013

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Samantha Berg ha lavorato come  istruttore di mammiferi marini per il delfinario SeaWorld in Florida per 3 anni e mezzo, dopo aver conseguito il suo diploma di laurea specialistica in Scienza del mondo Animale.

L'abbiamo intervistata a Milano, all'anteprima nazionale di "Blackfish": il film-documentario di cui è protagonista, che ha già commosso milioni di spettatori negli Stati Uniti e sta riscuotendo grande successo anche in Europa, svelando l'amara realtà della cattività dei cetacei negli zoo d'acqua
Samantha, che ha poi cambiato lavoro, attraverso questo commovente e drammatico film-documentario della regista Gabriela Cowperthwaite, che stasera sarà proiettato a Roma, in un evento a invito in cui manderà il suo messaggio anche lo scrittore Erri De Luca, ci ha raccontato quanto sia insensato imprigionare dei grandi cetacei e costringerli a discutibili esibizioni, e quanto questo possa essere fonte di stress, sofferenze e pericoli.

  • Perché hai deciso di diventare addestratrice?

Dopo aver ottenuto il mio diploma specialistico in Scienza del mondo Animale e aver lavorato alla Scuola di specializzazione veterinaria nel laboratorio di batteriologia, per tre anni e mezzo, ero disillusa dalla possibilità di diventare veterinario. I vari veterinari che avevo incontrato non erano molto felici del loro lavoro ed erano remunerati poco, quindi ho deciso di fare qualcosa di completamente diverso. Quando ero piccola sognavo di nuotare con i delfini o di avere un lavoro che mi permettesse di stare a contatto con i grandi felini, quindi ho deciso di inviare il mio curriculum a tutti i parchi di divertimento acquatici degli Stati Uniti e poi sono stata assunta da SeaWorld in Florida.

  • L'Orca è definita comunemente "assassina", pensi che questa definizione  sia corretta o ci siano dei pregiudizi?

Le orche vengono definite "balene killer" per il fatto che possono uccidere altre specie di balene. Questa definizione è stata data da alcuni osservatori spagnoli che le avevavo definite, in lingua spagnola, "assassine di balene", ma con la traduzione in inglese questa definizione è stata cambiata con "balena assassina". Negli oceani ci sono moltissime sottospecie di orche  differenti tra di loro (orche della Nuova Zelanda, dell’Islanda dei mari del Nord e altre). Inoltre ogni specifica orca è un individuo a sè stante  e comunque io non definirei mai un'orca come "assassina". Questi animali parlano tra loro lingue differenti, mostrano comportamenti differenti e cacciano differenti prede. In natura le orche possono cacciare delle prede che sono più grandi o più piccole della propria stazza, come gli orsi polari, le foche, e altri tipi di balene. Il fatto che sempre più persone siano state ferite o uccise dalle orche in cattività dimostra semplicemente che questi animali sono soggetti, ogni giorno, ad un alto tasso di frustrazione. E' importante notare che nessun umano  è  mai stato ucciso da un orca libera in natura, mentre dal momento in cui abbiamo cominciato a metterle in cattività tre persone sono state uccise dall’orca Tilikum e una da Keto.

  • Pensi che gli addestratori siano consapevoli della sofferenza delle orche e degli altri mammiferi marini  in cattività? 

E’ un'ottima domanda ma va rivolta ad ogni addestratore a livello individuale. Quando ero un'addestratrice pensavo che alcuni animali si divertissero ad interagire con gli addestratori. Adesso invece ho una conoscenza più ampia e più apprendo sulla complessità sociale delle comunità di delfini e orche e della loro comportamento ed evoluzione naturali, più sono certa del fatto che soffrano immensamente quando  detenute in cattività. Sfortunatamente non sono in grado di esprimere la  frustrazione e la sofferenza direttamente e sono solo in grado di farci sapere che sono infelici rifiutando di eseguire performances o mostrando aggressività verso gli addestratori o altri animali, oppure dissociandosi completamente o lasciandosi andare alla malattia o alla morte, a  causa della stress quotidiano. Penso sia molto chiaro: ci sono molte specie animali che non si adattano alla cattività, perché non siamo in grado di soddisfare le loro esigenze sociali, di spazio o nutrizionali, non importa quanti soldi investiamo o quanto impegno mettiamo nel progettare gli impianti. Animali come orche, delfini, beluga, balene  orche, leoni marini, trichechi, elefanti, orsi, grandi felini e le grandi scimmie non « appartengono » alla cattività, non più degli stessi esseri umani.

  • Pensi che il pubblico sia consapevole della sofferenza delle orche?

No. Fino ad oggi non credo che il pubblico ne sia stato consapevole.  Ma adesso con il film "Blackfish" e il libro "Morte a SeaWorld",  il messaggio sta passando e posti come SeaWorld non sono più in grado di controllare i messaggi su questa tematica, non importa quanti sforzi di pubbliche relazioni possano fare. La rete televisiva Americana CNN ha mandato in onda "Blackfish" 8 volte in due settimane di tempo e la prima volta il film è stato visto da 1,4 milioni di persone. Il Film è di grande successo anche nell’Unione Europea. Penso che il pubblico si stia sensibilizzando su  questo argomento, dal momento che possono vedere la realtà di questi contesti. 

  • Porteresti dei bambini o la tua famiglia a vedere le orche in cattività a SeaWorld (Florida) o in altri centri simili?

No. Non  porterei mai dei bambini ai Parchi  Marini di SeaWorld (tra l’altro credo che dovrebbero chiamarsi "circhi marini" perché è questo che sono). Il posto migliore per vedere  questi animali è nel loro ambiente naturale.  Dobbiamo  eliminare i programmi di riproduzione in cattività e lo sfruttamento degli animali negli show; dobbiamo fermare le catture di questi animali nell’ambiente naturale e reintrodurre i cetacei che vengono dalla cattività in un'area-santuario delimitata perché possano vivere nell’oceano e non essere costretti a performance, in un'area marina ristretta dove sia possibile per noi umani monitorare il loro stato di salute.