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Perché per i cani vige il motto "Spiaggia che vai legge che trovi"?

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Ultimo aggiornamento

giovedì 09 luglio 2015

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“Capalbio, Scarlino, Follonica e Magliano lasciano liberi. Orbetello e Argentario no. Grosseto e Castiglione nel mezzo”.

Così titolava qualche settimana fa un giornale che ha voluto fare il punto sull’accessibilità dei cani nelle spiagge. D’altronde decidono i Comuni e gli otto della costa maremmana si dividono in aperti, chiusi e “un po’ e un po’” creando una immagine turistica come minimo confusa e controproducente, con il paradosso di permettere o vietare lo stesso comportamento nel giro di qualche metro di arenile.

Ormai la stagione balneare è entrata nel pieno e, seppure in fatto di diritti dei quattro zampe e delle loro famiglie non siamo più all’anno zero, non c’è ancora l’auspicata Legge nazionale che permetterebbe non solo di allinearsi ad altri Paesi europei ma di avere una certezza valida non a seconda della zona scelta per le proprie vacanze. Ne beneficerebbero tutti.

Peccato che la nostra  Proposta di Legge per la riforma del Codice Civile, che prevede questo atto di buon senso,  sia ferma alla Camera e al Senato dal 2008 seppur proposta da parlamentari di diverso schieramento “assegnata in Commissione, non ancora iniziato l’esame”, e che fra proclami (come quello del marzo scorso per cancellare la pignorabilità degli animali domestici, promessa non ancora mantenuta dal Ministro Galletti) e una Legislatura che sta arrivando al giro di boa, non ci siano finora risultati normativi degni di nota.

Gianluca Felicetti
Presidente LAV