Delfini: il parere degli scienziati

Joan Gonzalvo è un biologo marino catalano specializzato in delfini tursiopi anche detti “dal naso a collo di bottiglia”, proprio quella specie detenuta nei delfinari.

Da oltre 15 anni osserva e studia i comportamenti dei delfini nel loro habitat naturale ed è coordinatore di un progetto di ricerca sui delfini tursiopi in Grecia per l'Istituto Tethys ONLUS.

Nello studio che vi proponiamo Joan Gonzalvo ha analizzato il comportamento dei delfini all’interno dei delfinari visionando oltre 4 ore di riprese video di 9 spettacoli svolti in 5 diversi delfinari italiani fra il 2012 ed il 2014.

L’obiettivo di tale analisi è di analizzare il comportamento dei delfini durante gli spettacoli in contrapposizione a quello in libertà nel mare e quindi valutare l’effettiva qualità dei contenuti educativi di tali spettacoli.

 

Joan Gonzalvo sottolinea che “è errata l’affermazione ricorrente dei delfinari che gli spettacoli con i delfini - considerati da molti visitatori il “clou” del tour - offrono la grande opportunità di fare un’esperienza educativa. La principale finalità di queste rappresentazioni è quella di intrattenere e divertire il pubblico, invece che fornire informazioni sulla reale natura di queste affascinanti creature marine, celando la crudeltà dell’evidenza, cioè che gli “attori” di questi spettacoli sono animali tenuti prigionieri ed esibiti con il fine ultimo di fare soldi”.

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Joan Gonzalvo sottolineato inoltre che: “dobbiamo riconoscere che i delfini sono esseri complessi e senzienti e tener conto dei loro bisogni fisici, fisiologici e comportamentali. L’idea di tenere i delfini in cattività è contraria ai più elementari principi di umanità e compassione e, come tale, deve essere respinta. Dobbiamo perciò considerare inaccettabile mantenere i cetacei in cattività a scopo di esposizione. Esistono alternative ben più educative alle visite ai delfinari: non solo le attività di osservazione responsabile e controllata dei delfini, ma anche i sempre più diffusi programmi di “citizen science”, che offrono a cittadini o scienziati dilettanti l’opportuna di partecipare a progetti di ricerca e conservazione dei delfini, e di acquisire un’esperienza diretta in materia”.

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Joan Gonzalvo ha analizzato l’uso dei delfini nella pet therapy. La delfinoterapia (o “DAT” - “Dolphin Assisted Therapy”), infatti, è la nuova frontiera dell’industria dei delfinari. Coloro che propongono la DAT per curare o alleviare patologie o disabilità umane affermano che può essere impiegata in un’ampia gamma di disturbi fisici o psicologici. Un approccio “terapeutico” facilitato dall’assenza di norme di settore che definiscono gli elementi costitutivi della DAT, di regolamenti ufficiali in materia, e dall’assenza di autorità che esercitino vigilanza sul rispetto dei requisiti di salute e incolumità degli esseri umani e degli animali.

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Già nel marzo del 2014 la LAV ha intervistato al Parlamento Europeo la biologa marina americana Dr Naomi Rose sui delfinari. La scienziata sottolinea che i delfini, le focene e le orche sono gli animali meno adatti a vivere in situazione di cattività. 

 

La biologa sottolinea che i delfini in natura vivono in gruppi sociali complessi, formati da 100/200 animali che nuotano per decine di chilometri al giorno. 

 

Proprio per questo motivo sottolinea che anche il più grande delfinario al mondo potrà raggiungere al massimo la dimensione pari all’1% dello spazio necessario per loro.