
Parchi Faunistici
La sensibilità verso gli animali da parte della società è in notevole mutamento ma ci sono ancora molte difficoltà e incertezze riguardo l’etica sociale nei confronti di quegli animali utilizzati ai fini di intrattenimento.
Lo scenario aperto dall’esperienza di quarantena che abbiamo vissuto tutti per la prima volta, si rivela una preziosa opportunità per riflettere e riscoprire una rinnovata consapevolezza del ruolo e del funzionamento dei parchi faunistici.
Questa pandemia ci ha messo infatti in una condizione di restrizione della libertà mai vissuta prima. Le persone raccontano un vissuto di notevole disagio, difficoltà fisiche e psicologiche, confermando quanto sia deleterio vivere senza poter dare sfogo alla propria libertà di socializzazione, di movimento, di esistenza.
Ora finalmente ci avviamo verso l’ormai famosa “fase 2”, in cui assisteremo al recupero, seppur graduale, delle nostre libertà individuali e di quelle collettive, delle quali siamo stati privati per lungo tempo, circa due mesi.
Ma proprio tutti ritroveranno la propria libertà? Purtroppo no. Ci sono esseri viventi per i quali non esisteranno la fase 2, né la 3, né la 4. Questo perché la vita per loro, sin dalla nascita, non è altro che un’eterna quarantena senza alcuno spiraglio di libertà: parliamo degli animali chiusi in cattività nei parchi faunistici, nei circhi, negli acquari.
I parchi faunistici, secondo la direttiva europea 1999/22 (con recezione da parte dell’Italia con la 73/2005), hanno funzione di informare, educare, sensibilizzare il pubblico su temi ambientali, sviluppare progetti di ricerca e fare attività di conservazione della natura.
Ma è davvero questo ciò che perseguono o dietro il finto ruolo di “Arca di Noè” che salvaguardia la biodiversità in realtà si cela un mero interesse economico che li assimila più a imprese a fine di lucro a discapito del benessere psicofisico degli animali?
Davvero per tutelare il benessere animale è preferibile investire denaro per tenerli in giardini zoologi, anziché salvaguardarli nel loro ambiente naturale?
Ugualmente avanziamo dubbi sulle motivazioni che guidano gli zoo nelle loro scelte. Per esempio chiediamoci se dietro alla nascita di un cucciolo non ci siano meri interessi economici perché, facendo leva sull’aspetto emozionale, le strutture attirano un maggior numero di visitatori e quindi di guadagni.
Riteniamo che non sia corretto condannare l’individuo ad una vita di privazione della libertà lontano dal suo habitat naturale, solo per dare priorità al tentativo di conservazione della specie a rischio attraverso una riproduzione controllata ancora una volta dall’uomo per i suoi interessi.
Forse è giunto il momento di riflettere su questi meccanismi di controllo sugli animali, per cui da esseri senzienti quali sono diventano solo genomi da tenere in vita, “museificazione” della natura, perché necessari al mantenimento e al guadagno delle strutture, dove educazione ambientale e salvaguardia sono solo “specchietti per allodole” mentre l’interesse è solamente ascrivibile lucro.
Alla luce della discutibilità dell’uso della riproduzione e della detenzione ai fini della conservazione della specie e degli interessi economici che ruotano attorno a queste strutture in aggiunta a quanto stiamo vivendo in questa esperienza di reclusione, non dovremmo avere dubbi sull’inutilità di tenere ancora aperti i giardini zoologici. Non è eticamente corretto tenere rinchiusi gli animali selvatici in tali luoghi di prigionia, molto spesso profondamente diversi dai loro habitat naturali, privandoli della loro libertà e condannandoli ad un’eterna quarantena con conseguenza psicofisici irreparabili, al solo fine di essere una fonte impropria di arricchimento per pochi e di divertimento per un pubblico inconsapevole.
E’ a questo pubblico a cui ci rivolgiamo, a cui ora chiediamo di fare una doverosa connessione tra le sensazioni di disagio e di sofferenza che ha provato durante la quarantena e quelle che prova un animale ridotto in prigionia in condizioni, tra l’altro, ben più rigide e peggiori delle nostre. Noi abbiamo saggiato solo una versione edulcorata di quella che loro vivono da sempre con amarezza.
E’ proprio all’interno di questo quadro che la campagna di sensibilizzazione di LAV, che da sempre promuove un cambiamento sostanziale per la vita di tutti gli animali esotici e selvatici costretti in cattività nei circhi, zoo, delfinari, acquari, assume maggior significato.
In relazione alle richieste di sostegno economico che circhi e parchi faunistici stanno avanzando in questo periodo, chiediamo quindi ai cittadini di non sostenere in alcun modo queste strutture di prigionia, ma di avvicinare i bambini al mondo animale con rinnovate modalità e strumenti (come ad esempio i documentari, sempre più affascinanti) e piuttosto di destinare risorse economiche ai centri di recupero nati per rispondere a fenomeni di maltrattamento e che mettono al centro solo il benessere degli animali (vedi la rete dei Santuari o il CRAS di Semproniano).
Speriamo con questa “campagna social” di risvegliare le coscienze perché non è più accettabile tornare a visitare spensierati un giardino zoologico con gli stessi occhi inconsapevoli di prima.