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Farmaci "vegan": attenzione a cosa c'è dietro

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Ultimo aggiornamento

domenica 11 maggio 2014

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Da giorni sta avendo eco mediatico la notizia del progetto Pharmavegana, grazie al quale le farmacie aderenti esporranno prodotti definiti “eticamente corretti” perché non contenenti derivati animali. Anche se la scelta vegan è sicuramente da sostenere e condividere sia dal punto di vista etico che nutrizionale, è importante sottolineare come quando si parla di industria farmaceutica non ci si possa limitare alla certificazione vegan per parlare di etica, visto l’enorme business legato alla sperimentazione su animali, che sfrutta e uccide centinaia di milioni di esseri senzienti ogni anno.

L’industria farmaceutica ha volutamente confuso il concetto di salute e malattia, armandosi di potenti campagne pubblicitarie che hanno instillato il dubbio della necessità di curarsi e di ricorrere a medicinali, a scapito di necessarie campagne informative sull’alimentazione e lo stile di vita per prevenire e combattere malattie dismetaboliche e cronico-degenerative, la diffusione di patogeni e di uno sterminio di vite animali che subiscono sperimentazioni molto dolorose e inutili. 

Questa ennesima trovata pubblicitaria sembra uno specchietto per le allodole che illude i consumatori di non finanziare prodotti frutto dello sfruttamento di vite animali e umane, mentre il concetto di cruelty-free è ben lontano da questa multimilionaria industria.

Sulla stessa scia la proposta di qualche mese fa di etichettare obbligatoriamente i farmaci con la dicitura “sperimentato su animali”, con l’intenzione di dimostrare all’opinione pubblica l’utilità della vivisezione e la sua insostituibilità, anche se, in tutto il mondo, le leggi dopo i test su animali impongono il passaggio sull’uomo, prova indiscutibile che non possiamo fidarci dei dati ottenuti negli animali perché, se fossero realmente predittivi, si passerebbe direttamente dal modello animale alla commercializzazione. Il vero test di sicurezza viene fatto tramite cavie umane, grazie alle quali dopo la dicitura “testato su animali” andrebbe aggiunto “sperimentato su umani, tra i cui bambini, volontari sani, persone del Sud del Mondo, involontari nelle corsie ospedaliere", e così via.

La lobby vivisettoria è abile a capire i cambiamenti culturali in atto, come la crescita del numero di vegetariani e vegani e la conferma che oltre l’80% dei cittadini è contrario alla vivisezione. Non facciamoci ingannare, però, da ambigue pubblicità: ricordiamo che per l’industria noi non siamo pazienti, ma clienti.

 
Dott.ssa Michela Kuan
Responsabile nazionale Settore Vivisezione LAV