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Ancora attacchi ai vegani. Il problema? La perdita di mercato di carne e latte...

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Ultimo aggiornamento

domenica 18 dicembre 2016

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“Dagli al vegano” è diventato (quasi) uno sport nazionale. Bene che l’alimentazione libera da crudeltà sia finita anche nel mirino della satira in tv di Maurizio Crozza o dello sconclusionato spot del panettone Motta. E’ indice chiaro di successo. Anche se in questo caso è proprio vero il detto che “il gioco è bello quando dura poco”. Ma ora si chiede che il "dagli al vegano” entri anche nel Palazzo dei Tribunali.

Secondo infatti l’avvocato Dario Dongo, dalle colonne de “Il fatto alimentare” - e ancora recentemente - è scorretto utilizzare diciture di prodotti a base di carne per prodotti vegetali. Nel mirino ci sono wurstel di tofu, bistecche di lupino, arrosto di seitan, muscolo di grano. Il legale afferma infatti che, secondo il Regolamento europeo 1169 del 2011, “la denominazione dell’alimento è la sua denominazione legale. In mancanza di questa, la denominazione dell’alimento è la sua denominazione usuale; ove non esista o non sia utilizzata una denominazione usuale, è fornita una denominazione descrittiva”. E, quindi, per lui “è palese l’illegittimità di diciture quali salame, salsiccia, bresaola, prosciutto, su alimenti di origine vegetale” e prendendo atto che “le autorità sono prive di strumenti sanzionatori specifici, fatta salva la remota ipotesi di contestazioni di reati”, “gli operatori responsabili farebbero bene ad adeguare con celerità la propria informazione commerciale prima che sia troppo tardi”.


Mettiamo da parte il fatto che l’avvocato in questione - scrive l’insostenibile sito www.carnesostenibile.it - è promotore del progetto Great Italian Food Trade che tratta anche di import-export di prodotti. Allontaniamoci un attimo dal dibattito se è giusto, eticamente, utilizzare termini d’uso comune riferiti agli animali, come “bistecca”, “crema”, “latte”, per identificare prodotti vegetali. Qui si sta sventolando una polemica autodefinita di “meat sounding”, lo fanno anche gli europarlamentari Pd De Castro (non nuovo alla difesa a oltranza della zootecnia che costa agli animali e alle tasche dei cittadini, già Ministro delle Politiche Agricole) e La Via. Che questa iniziativa - aldilà della mancanza di sanzioni per gli eventuali trasgressori - non sia fondata, anche legalmente, lo dimostrano l’esistenza nel normale mercato degli alimenti, e da “sempre”, di prodotti non contestati come il burro d’arachidi o il salame di cioccolato. Perché descrivono compiutamente, senza inganni, di cosa si tratta. Come il carpaccio di mopur.

Il problema, per qualcuno, certo, è che non siamo più “di nicchia”. Ma sempre più popolari. Fatti di gente. Con numeri e storie sempre più importanti e di cambiamento. 

A proposito di Palazzi, proprio lo stesso invocato Regolamento comunitario 1169 del 2011 non ha ancora un’importante attuazione. Quella che “conferisce alla Commissione di Bruxelles il potere di presentare atti di esecuzione sulle norme che disciplinano l'etichettatura volontaria concernente le informazioni relative all'idoneità di un alimento per vegetariani o vegani". Lo attendiamo da cinque anni.

Gianluca Felicetti
Presidente LAV