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Allevamenti e latte: un binomio nemico dell'ambiente

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Ultimo aggiornamento

martedì 21 luglio 2020

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A differenza di quanto accade per i combustibili fossili, l’attenzione e la pressione da parte dell’opinione pubblica sulle emissioni climalteranti del settore lattiero caseario è scarsa.

Ci pensa un nuovo rapporto, dall’indicativo titolo di Milking the Planet (Mungere il pianeta), redatto dall'Institute for Agriculture and Trade Policy [IATP] a rivelare che le 13 maggiori aziende lattiero-casearie mondiali provocano le stesse emissioni di gas serra dell'intera Gran Bretagna. Queste 13 big hanno emesso più gas a effetto serra (GHG) nel 2017 rispetto a fonti inquinanti di portata mondiale come la BHP, gigante minerario, petrolifero e del gas con sede in Australia o ConocoPhillips, compagnia petrolifera con sede negli Stati Uniti.

Nei due anni successivi (2015-2017) alla firma dell’Accordo di Parigi sul clima, IATP ha individuato un aumento dell'11% delle emissioni del settore lattiero-caseario, una crescita che significa l’emissione di 32,3 milioni di tonnellate (MtCO2eq) di GHG e corrisponde all'inquinamento proveniente da 6,9 milioni di autovetture guidate in un anno (13,6 miliardi di litri di benzina). Alcune aziende lattiero-casearie hanno aumentato le loro emissioni fino al 30% nel biennio esaminato.

Oltre il 90% delle emissioni del settore sono generate dalle mucche, principalmente sotto forma di metano. In Italia, ad esempio, nel 2019 sono state allevate circa 1.8 milioni di mucche da latte con un impatto estremamente importante su acqua, suolo e inquinamento atmosferico da metano.

Per quanto riguarda il nostro continente, se l'UE vuole adottare importanti politiche riguardo al contrasto ai cambiamenti climatici deve riformare radicalmente la Politica Agricola Comune (PAC), spiega lo IATP, in modo da incentivare la resilienza ambientale e ri-dirigere i fondi pubblici lontano dall’allevamento intensivo.

Ma non solo, aggiungiamo noi, i giganti del latte e l’intero settore inquinano molto: bisogna fermarli orientandosi anche verso nuove abitudini alimentari, ormai facilissime da adottare.

I dati scientifici indicano che il consumo di prodotti lattiero-caseari e di altri alimenti di origine animale contribuisce in modo determinante ai cambiamenti climatici, mentre, secondo uno studio del 2018 pubblicato sulla rivista Science, l’alimentazione 100% vegetale può ridurre le emissioni climalteranti fino al 73%, a seconda del luogo in cui si vive.

Non ci sono scuse, da qualsiasi punto di osservazione si guardi, qualsiasi aspetto si esamini, emerge la costante che gli allevamenti presentano gravi rischi per il Pianeta e per il futuro di tutti.
 

La soluzione? Promuovere il consumo di cibi 100%vegetali e fare pressione su Commissione UE e Parlamento UE perché spostino i finanziamenti pubblici dagli allevamenti alle produzioni di alimenti vegetali, come chiediamo con il nostro Manifesto #noncomeprima.

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Roberto Bennati, Direttore Generale LAV, e Paola Segurini, Area Scelta Veg