A loro non è riservata la necessaria attenzione persino nel campo della ricerca.
Ritenuti di serie B, gli animali acquatici sono i meno considerati in assoluto, nonostante sia stato ampiamente dimostrato scientificamente che provano dolore e sofferenza, come evidenzia un nuovo studio pubblicato su Scientific Reports che ha analizzato per la prima volta il dolore provato da un pesce quando viene lasciato a morire fuori dall'acqua, quantificandolo come 24 minuti di agonia per ogni kg di pesce ucciso.
Sfruttati in ogni ambito, agli animali acquatici non è riservata la necessaria attenzione persino nel campo della ricerca .
L’associazione Humane World for Animals ha, infatti, denunciato come ogni anno l'Unione Europea esegua test tossicologici su quasi 400 mila pesci per rispondere alle linee guida del sistema REACH (Registrazione, Valutazione, Autorizzazione e Restrizione delle Sostanze Chimiche), il regolamento del territorio comunitario finalizzato alla valutazione e al monitoraggio delle sostanze chimiche che poi vengono immesse sul mercato. Secondo le proiezioni dell'associazione internazionale, oltretutto, il numero di animali acquatici coinvolti nei test potrebbe aumentare e arrivare tra i 530 mila e i 690 mila individui.
I pesci più spesso utilizzati nei test chimici sono specie come il pesce zebra (zebrafish), a causa della loro trasparenza, rapido sviluppo e alta fecondità.
In natura lo zebrafish vive in acque dolci calme e poco profonde come ruscelli, canali, stagni e risaie del subcontinente indiano. Negli stabulari la situazione è ben diversa: sfruttati per l'allevamento di adulti e la raccolta di embrioni, questi pesci vengono sottoposti a test sin dallo stato larvale, si tratt adi test che comportano mortalità acuta, esposizione prolungata agli agenti chimici e monitoraggio post esposizione per comprendere quali effetti si producono nelle diverse fasi di crescita.
Ad oggi, esistono già metodi alternativi per sostituire l'utilizzo degli animali nella sperimentazione, attingendo soprattutto alle nuove tecnologie come le colture cellulari di tessuti branchiali, inoltre, tali dati allarmanti dimostrano come il sistema europeo di sicurezza chimica rimanga ancorato a modelli animali obsoleti, nonostante siano disponibili strumenti scientifici migliori che proteggano le persone, gli ecosistemi e gli animali.
Sempre in merito agli animali acquatici ricordiamo il limulo, chiamato anche “granchio a ferro di cavallo”, un animale marino considerato una sorta di fossile vivente, dato che esiste da più di 300 milioni di anni (cioè da prima dei dinosauri). Il limulo è ancora utilizzato per il suo sangue, utilizzato per rilevare la presenza di sostanze tossiche prodotte da batteri (test LAL), nonostante da circa 25 anni esistano alternative incruente: il test rFC, ad esempio, consente di ottenere gli stessi risultati, ma con un composto sintetico, oppure il test MAT utilizza cellule umane per determinare la reazione immunitaria.
Buone notizie dagli USA dove la FDA ha approvato una norma che aiuterebbe a sostituire l'uso del sangue di granchio ferro di cavallo nei test farmaceutici, rafforzando la catena di approvvigionamento medico e la sicurezza dei pazienti, proteggendo al contempo i granchi ferro di cavallo e i loro ecosistemi.
Cogliamo l’occasione per ricordare la petizione lanciata dall’associazione partner della coalizione europea Doctor Against Animal Experiments per fermare definitivamente questa strage in UE.