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Cani Pompei, Associazioni: no all'accalappiamento

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Ultimo aggiornamento

domenica 27 aprile 2014

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“I cani che vivono nel sito archeologico degli scavi di Pompei costituiscono una presenza consueta, da alcuni anni sicura dal punto di vista sanitario e non sgradita agli stessi i visitatori, i quali colgono il richiamo al celebre mosaico della casa di Meleagro, Cave canem”. E' quanto scriviamo oggi, lunedì 28 aprile, insieme alle associazioni Enpa e Lega del Cane in una lettera-appello con cui chiediamo al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, di intervenire a sostegno dei cani di Pompei.

 
«Apprendiamo con sconcerto della disposizione impartita dall’Asl di Pompei avente come finalità l’accalappiamento dei cani presenti nell’area archeologica», si legge nella missiva, che prosegue: «sconcerto dovuto anche al fatto che nel 2010 abbiamo promosso, d'intesa con gli allora responsabili dell’Area, il progetto “Cave Canem” che ha permesso di identificare, microchippare, condurre accurati controlli sanitari e sterilizzare i cani presenti nell'area. Molti dei quali, proprio grazie a questa iniziativa, hanno trovato una famiglia.»

Gli animali che invece sono rimasti nell'area degli scavi sono diventati “di casa”, svolgendo anche una preziosa funzione di presidio del territorio, soprattutto nei confronti dell’endemico randagismo locale. Pertanto, allontanare dal parco archeologico i cani di Pompei vorrebbe dire strapparli alle loro radici per condannarli ad un incerto futuro in canile – il che è assolutamente inaccettabile da un punto di vista etico -, ma sarebbe anche una decisione controproducente perché priverebbe gli scavi di una presenza apprezzata dagli stessi turisti e vanificherebbe un progetto che ha ottenuto ottimi risultati, apprezzati in Italia come all'estero. Oltre a comportare un inutile dispendio di risorse pubbliche, spesa di molto superiore ai fondi impiegati nelle positive attività di qualche anno fa, di cui in questo momento il nostro Paese non ha proprio bisogno.