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Bracconaggio reato contro il patrimonio dello Stato? Non per la Camera

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Ultimo aggiornamento

lunedì 03 marzo 2014

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Con 388 no a fronte di 81 si l’Aula della Camera ha bocciato mercoledì scorso - forte del parere negativo dato da Governo e Commissione Giustizia - un emendamento presentato dal M5S che proponeva di estendere l’applicabilità dei reati contro il patrimonio dello Stato (articoli 624, 625 e 626 del C.P.) ai casi di bracconaggio commessi da cacciatori che possiedono una regolare licenza di caccia.

L’emendamento (presentato rispetto al provvedimento che introduce nel codice penale il reato di inquinamento ambientale) proponeva una modifica all’articolo 30 della legge sulla caccia, estendendo la possibilità di imputare per furto ai danni dello Stato anche i bracconieri che possiedono una licenza di caccia, che di fatto risultano impunibili.

"Il bracconaggio, in particolare quello a danno di animali protetti, è stato sempre punito nel nostro sistema normativo con sanzioni modestissime – ha dichiarato il Dott. Maurizio Santoloci, magistrato e direttore del nostro ufficio legale  – La teoria giurisprudenziale del "furto venatorio" negli anni scorsi ha invece consentito di operare una efficace azione di contrasto anche alle forme di bracconaggio più cruente ed odiose, anche con arresto in flagranza di bracconieri. Non codificare tale principio in una norma organica  rileva una mancata volontà di affrontare in modo serio e concreto le forme di caccia illegale. Resta da chiedersi: perché non approvare una norma severa finalizzata soprattutto a contrastare chi distrugge la nostra fauna protetta?…".

Noi non ci stiamo.

Proporremo al Senato di votare in seconda lettura l’emendamento, esprimendosi sul contenuto e non bocciandolo a priori solo perché presentato da una forza d’opposizione.