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'Lo straniero si e' fatto virus'. Il contributo di Daniel Lumera per LAV

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Ultimo aggiornamento

martedì 30 giugno 2020

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Sapevamo tutti, intimamente, che dovevamo fermarci. E non poteva avvenire diversamente se ci pensiamo bene.

Doveva essere Madre Natura a riportarci in una condizione di ascolto, a fermarci per permetterci di sentire cosa stava accadendo davvero intorno a noi. Non ci hanno fermato le foreste che bruciavano in Australia e in Brasile, non ci hanno fermato le immagini dei ghiacciai che si scioglievano, non ci ha fermato il grido di dolore degli animali…

Semplicemente non sentivamo.

Viviamo disconnessi dal ritmo e dai cicli della natura. E la nostra Madre comune ce lo sta ricordando.
Perché questo virus è malattia e guarigione allo stesso tempo. Ora sono i nostri polmoni a bruciare. Ora possiamo davvero iniziare a sentire che l’aria non era più respirabile. Inquinata dal nostro ego smisurato.

La più grande lezione di questo periodo è forse la comprensione massiva dell’importanza dell’interconnessione e dell’interdipendenza tra tutte le forme di vita, da cui nascerà, speriamo, un nuovo senso di responsabilità.

La distruzione degli ecosistemi sta avendo degli effetti molto dannosi sulla nostra vita e sulla nostra salute. La deforestazione dovuta all’esigenza di estrarre legname, creare nuove zone per pascoli e spazio per nuove costruzioni ha rotto e violato un equilibrio importantissimo per la nostra salvaguardia.

Le foreste infatti sono custodi di una biodiversità che funge da protezione per l’uomo: tante specie animali differenti che coesistono creano un “effetto diluizione” per i virus che si bloccano e si indeboliscono prima di arrivare all’uomo. Esiste quindi una strettissima relazione tra azione dell’essere umano che ha causato perdita della biodiversità, cambio climatico e alterazioni degli habitat naturali con la diffusione della zoonosi, ossia di malattie di origine animale come Ebola, SARS, MERS, HIV…e COVID-19.

Questo virus può essere considerato come malattia e guarigione allo stesso tempo. Porta con sé dolore, separazione, perdita, lontananza, ma ci permette anche, se ne saremo capaci, di maturare un nuovo e più profondo senso di responsabilità, di reciprocità, di cooperazione, di empatia, di rispetto e di amore…di gentilezza.

Quella gentilezza che, come principio sociale indispensabile e imprescindibile, dovrebbe essere alla base di qualunque rapporto tra gli esseri, per relazionarsi nella maniera più utile, fraterna ed elevata possibile. Il seme della gentilezza autentica, come il fiore di loto, ha il potere di crescere e sbocciare anche nel fango.

Stiamo imparando che dalla vita e dal benessere di tutte le creature dipende la nostra vita e il nostro benessere; che dal mio destino e dalle mie azioni dipende anche il destino delle persone che amiamo e di tutta la comunità; che l’interesse personale deve passare in secondo piano rispetto al bisogno collettivo. È un passo evolutivo importante.

Anche la scienza ha dimostrato come il nostro DNA ci colleghi gli uni agli altri e alla vita sul nostro pianeta in un’unica famiglia che comprende piante, animali, uccelli, insetti, funghi e persino batteri. È il momento di assumersi una nuova responsabilità come inquilini di questo fragile e meraviglioso pianeta che possiamo chiamare casa.

Nel libro Biologia della Gentilezza scritto con la prof.ssa Immaculata de Vivo, epidemiologa della Harvard Medical School considerata tra i massimi esperti mondiali di genetica del cancro, si parla di quanto una buona educazione alimentare, oltre a essere imprescindibile per favorire un buono stato di salute individuale, è anche fondamentale per salvaguardare l’ambiente e garantire ritmi di produzione e distribuzione sostenibili.

Orientare il più possibile la propria alimentazione verso cibi vegetali, integrali e non processati è una scelta che si è rivelata scientificamente valida, perché fornisce all’organismo sostanze protettive nei confronti delle malattie croniche più diffuse e dell’invecchiamento precoce. Ma ha anche un impatto positivo sulla salute del pianeta, perché la produzione di vegetali consuma molta meno acqua e suolo rispetto a quelli necessari per i cibi di origine animale ed emette meno gas serra. L’interconnessione fra noi e il nostro habitat è più che mai stretta e anche un piccolo cambiamento nelle nostre scelte alimentari può avere un enorme impatto sul futuro della Terra.

Ora possiamo iniziare a ricostruire dall’intimità del nostro cuore.

Possiamo farlo con un differente senso e significato della vita e di noi stessi, con una nuova empatia, con un nuovo senso di responsabilità, con diversa consapevolezza degli istinti primari che ci dominano e che ci spingono ad un egoismo sfrenato.

Possiamo, se vogliamo, vivere con gentilezza. Possiamo risorgere e rinascere alla vita.
Questo è quello che Madre Natura ci sta chiedendo. Rispondiamo con amore a questa chiamata.

Daniel Lumera