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Emergenza Covid-19: studiare gli umani per guarire gli umani

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Ultimo aggiornamento

giovedì 19 marzo 2020

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In queste settimane di emergenza sanitaria COVID-19 è importante anche fare chiarezza sui motivi che hanno portato a questa situazione così critica e preoccupante. Con la LAV ci impegniamo, quindi, a promuovere soluzioni a lungo termine, perché non ci troviamo davanti a qualcosa di nuovo, ma si tratta di eventi sempre più frequenti per i quali continuiamo come umanità, purtroppo, a ripetere gli stessi errori. 

Innanzitutto, è bene chiarire che i virus sono “parassiti cellulari obbligati”, cioè non sono in grado di replicarsi autonomamente dato che hanno la necessità di utilizzare le strutture della cellula ospite affinché possano compiersi le diverse fasi del ciclo replicativo: l’infezione. Quindi, per diffondersi il virus deve usare la cellula di un altro individuo e la variabilità genetica di tale individuo è un punto cruciale per la sua capacità di replicarsi. Di conseguenza, è fondamentale studiare gli umani per guarire/proteggere gli umani e non basarsi su fuorvianti investigazioni su altre specie come ratti, topi o scimmie che distano fortemente dalla nostra, determinando errori grossolani e rilevanti ritardi nelle scoperte scientifiche. Inoltre, il modello sperimentale animale è un approccio datato, costoso ed estremamente lento che ostacola lo sviluppo di farmaci e vaccini, tanto che alcune procedure (gli stessi nuovi test o ri-sperimentazione su animali di sostanze già in uso) e i tempi di alcune fasi delle sperimentazioni, sono stati modificati o tagliati dalle Autorità. 

La scienza deve evolvere – lo può fare anche in momenti eccezionali come questo - per rispondere con l’utilizzo di modelli di ricerca predittivi, rapidi e sicuri, alle problematiche sanitarie emergenti ed è grazie al sostegno delle NAT-non-animal technologies, o meglio, new-approaches-technologies che un’alternativa sicura può, e deve, essere garantita ai cittadini permettendo la messa a punto di vaccini e farmaci anche con metodi di ricerca senza animali, per giungere poi sicuri alla comunque inevitabile sperimentazione sull’uomo per i prodotti destinati all’uomo. LAV da sempre le sostiene - anche con contributi a Università pubbliche italiane, in applicazione dei suoi fini statutari che comprendono non a caso “la salvaguardia della salute degli umani anche attraverso la diffusione della cultura tecnico scientifica” - perché a favore di una vera libertà di ricerca, concretamente utile a tutti unendo progresso a innovazione e sicurezza. 

Il problema della diffusione e pericolo dei virus non si ferma, però, al caso attuale del COVID-19, ma è un’emergenza mondiale legata agli effetti dell’uomo sul nostro Pianeta, dove gli ecosistemi sono sempre più compromessi e 7 miliardi e mezzo di persone, potenziali ospiti, vivono ammassate e collegate da crescenti mezzi di traporto come aerei, navi, treni e macchine. 

Nel caso del COVID-19 all’inizio si pensava fosse colpa dei serpenti, poi dei pipistrelli e, ora, anche dei pangolini. Ciò di cui, però, siamo certi è che l’origine è da imputare al mercato alimentare di Wuhan in cui si vendevano animali selvatici vivi. La storia non ci è nuova, perché nel non lontano 2003, un altro coronavirus riuscì a fare il “salto di specie” (spillover) tra animale e uomo prendendo il nome di SARS. 

Quello a cui stiamo assistendo è il frutto delle nostre azioni distruttive sull’ambiente; abbiamo depredato ecosistemi, addirittura foreste primarie annientando l’ambiente di animali selvatici ed esotici costretti a uscire dal loro habitat o cacciati per essere esposti come trofei, ai turisti, mangiati o sfruttati in altro modo. Considerando solo i vertebrati terrestri, una specie su cinque è oggetto di commercio per lo più illegale, e costituisce un business multimiliardario, che sta portando sempre più specie all’estinzione. 

Il risultato? Abbiamo aperto le porte ai virus che rispondendo al loro istinto primario, si replicano senza più barriere. Non abbiamo imparato nulla da Rabbia, Ebola (purtroppo ancora tristemente in corso anche se nessuno ne parla), Aviaria, Suina, Sars, Marburg e Aids perché per uscire da questo circuito sempre più pericoloso non basta rincorrere un vaccino, ma bisogna avere un piano a lungo termine che protegga gli ecosistemi e tutti quelli che ci vivono. 

Le precauzioni diffuse dai media sono cruciali nel rallentare la diffusione del virus COVID-19, quindi è bene seguire le regole e anche il buonsenso, ma non dobbiamo ignorare l’aspetto ambientale del problema che non è semplicemente etico (sebbene tale elemento sia fondamentale), ma anche scientifico. 

Tutelare gli animali e l’ambiente, e quindi la salute, non è una battaglia degli animalisti, ma deve essere un impegno concreto di tutti. Di tutti, senza se e senza ma. 

Michela Kuan 
Responsabile LAV Ricerca Senza Animali, Biologa