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Dopo il passaggio al Fur-Free, Furla dice NO anche a lana mohair e angora

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Ultimo aggiornamento

domenica 14 luglio 2019

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Non solo ?fur-free? come annunciato un anno fa. Oggi l?azienda bolognese del lusso, anche a seguito di un dialogo positivo avviato con LAV, consolida questa scelta aderendo allo Standard Internazionale Fur Free Retailer e integrando la propria policy sui derivati animali con la definitiva esclusione di anche due filati: angora e mohair.

Si tratta di due tra le più critiche filiere di materiali animali: l?angora infatti si ricava dagli omonimi conigli (prevalentemente allevati in Cina) a cui viene letteralmente strappato il pelo causando sofferenze atroci; mentre la lana mohair, si ricava da capre (anch?esse chiamata d?angora e allevate prevalentemente in Sud Africa) implica una forma di sfruttamento degli animali senza alcun reale controllo del rispetto del loro benessere, così come un significativo impatto ambientale conseguente alla crescita esponenziale di greggi di queste capre e che sta causando una significativa erosione del suolo in un area geografica già fortemente penalizzata.

La decisione di FURLA di escludere queste produzioni è anche dettata dal fatto che per l?angora non esiste alcuna certificazione di filiera o tracciabilità, mentre per la mohair le certificazioni esistenti non sono evidentemente attendibili o sufficientemente idonee ad assicurare un adeguato trattamento degli animali.

?LAV plaude Furla per la decisione di consolidare la scelta fur-free e per la contestuale eliminazione di lana da conigli d?angora e lana mohair - dichiara Simone Pavesi, Responsabile LAV Area Moda Animal Free - scelte responsabili e indicative di come l?Animal Welfare rientri a pieno titolo nelle strategie di sostenibilità della moda. Conoscere da vicino queste filiere porta inevitabilmente alla dismissione dei materiali animali?.