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Galline ovaiole: Italia condannata dalla Corte di Giustizia Europea

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Ultimo aggiornamento

mercoledì 21 maggio 2014

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Mancato rispetto del Bando delle Gabbie di Batteria. E’ inaccettabile che le istituzioni facciano gli interessi degli allevatori. 

Arriva l’ennesimo regalo del mondo degli allevatori, che espongono ancora una volta l’Italia al pagamento di sanzioni europee che gravano sulle tasche di tutti i cittadini, e questo dopo aver anche tratto benefici dall’incremento del prezzo delle uova e causato sofferenze indicibili agli animali. La Corte di Giustizia Europea ha condannato infatti il nostro Paese per non aver rispettato la data del 1° gennaio 2012 per l’adeguamento delle gabbie delle galline ovaiole, secondo quanto stabiliva la Direttiva 1999/74/CE.

Entro tale data, infatti, tutte le gabbie di batteria in cui vengono allevate le galline per la produzione di uova, dovevano essere modificate secondo i parametri stabiliti dalla direttiva europea del 1999: misure più “ampie”, arricchimenti ambientali, la possibilità di mettere in atto comportamenti etologici tipici della specie.

Nonostante i 14 anni di tempo che gli allevatori hanno avuto a disposizione per mettersi in regola, i generosi fondi pubblici – milioni di euro – concessi da alcune Regioni ad allevatori volutamente “ritardatari”, e ben due procedure d’infrazione alla direttiva europea, il mondo dell’allevamento e il Ministero delle Politiche Agricole hanno preteso che gli adempimenti obbligatori fossero posticipati in Italia in un piano volontario di deroghe per altri tre anni!

L’Italia aveva anche preteso di non essere condannata per la detenzione di oltre undici milioni di galline in gabbie divenute vietate nel frattempo. La sentenza è l’ennesima prova di comportamenti delle Istituzioni, contro i cittadini e dalla parte delle lobby economiche degli allevatori.

La condanna dell’Italia comporterà, oltre alle pesantissime sanzioni, da subito il pagamento delle spese processuali del procedimento a carico del nostro Paese.

Vogliamo vedere quali prove fornirà l’Italia rispetto all’assenza di allevamenti non a norma sul territorio nazionale. Da subito, però, ci si rivolga agli allevatori per il pagamento di queste somme, dimostrando di essere parte terza a difesa degli interessi dei cittadini e non dell’illegalità insopportabile ed impunita del mondo degli allevatori.

E’ ora di dire basta alla difesa a oltranza di comportamenti illegali, basta alla sofferenza di milioni di galline ovaiole e basta all’immissione di miliardi di uova in commercio, etichettate in maniera difforme dalla legge in barba a qualsiasi principio di legalità.

Barbara Paladini