Chiediamo agli europarlamentari di bocciare questa assurda proposta che fa un favore solo alla lobby zootecnica.
La Commissione Europea ha presentato una proposta di Regolamento per vietare l’uso di termini come “bistecca”, “bacon” o “salsiccia” sui prodotti vegetali. Una misura che, secondo noi, non tutela i consumatori ma cerca di ostacolare la crescita del settore plant-based e proteggere gli interessi della zootecnia industriale.
Siamo di fronte ad un nuovo attacco alla transizione alimentare per non parlare della libertà di impresa. Una proposta regressiva, in pieno favore alla lobby della carne, che va respinta con fermezza dal Parlamento Europeo.
Il tentativo ricorda il “Veggie Burger Ban” del 2020, Regolamento già bocciato dal Parlamento Europeo, e il divieto francese di usare termini meat-sounding, annullato a livello nazionale e ritenuto ingiustificato dalla Corte di Giustizia Europea. Quest’ultima aveva già chiarito che la normativa vigente è sufficiente a garantire chiarezza ai consumatori, senza bisogno di nuovi divieti.
MOSSA ISPIRATA DELLA 'LEGGE LOLLOBRIGIDA'?
La
proposta UE sembra ispirarsi alla Legge italiana 172/2023, voluta dal Ministro Lollobrigida
per vietare la carne coltivata e le denominazioni “carnee” sui prodotti
vegetali. Una Legge rimasta inapplicata perché antagonista al diritto europeo e
per la quale Lollobrigida non ha mai pubblicato i decreti attuativi,
dimostrando così solo la sua intenzione di promuovere un gesto simbolico e pure
maldestro, che ora sembra trovare sponda invece proprio a Bruxelles.
Eppure, nonostante i precedenti e le dichiarazioni pubbliche a favore di una alimentazione più sostenibile, la Commissione torna ora a proporre una censura lessicale che serve solo a chi vuole tentare di rallentare il cambiamento.
La proposta fa eco a una lettera inviata a giugno da alcune associazioni zootecniche ai Commissari europei Hansen e Várhelyi, rispettivamente responsabili cibo e agricoltura e salute e benessere animale, in cui si lamenta che i nomi vegetali “carnei” causerebbero confusione e concorrenza sleale.
I NUMERI PARLANO CHIARO
Ma
i dati dicono altro: secondo uno studio condotto dall'Organizzazione europea
dei consumatori nel 2020, l’80% dei cittadini UE ritiene legittimo l’uso di
termini meat-sounding per prodotti vegetali e solo il 9% afferma di
confondere prodotti vegetali con quelli animali (Smart Protein, 2023).
Il mercato europeo delle alternative vegetali ha raggiunto i 3,3 miliardi di dollari nel 2024 per le “carni” plant-based, e quasi 10 miliardi se si includono i sostituti dei latticini (Good Food Institute).
I consumatori non sono ingenui. Chi compra una ‘bistecca di tofu’ sa benissimo che non sta acquistando carne animale. Semplicemente, le alternative vegetali piacciono sempre di più. Ed è questo che spaventa certi settori.
IL PARLAMENTO UE DEVE RIGETTARE LA PROPOSTA
La
contraddizione è evidente: lo stesso giorno in cui ha pubblicato il
provvedimento contro il meat-sounding, la Commissione ha presentato le proposte
per il prossimo bilancio UE e per la nuova PAC, parlando di benessere animale,
estensivizzazione e transizione sostenibile.
Sarebbe cruciale, così da rendere il sistema alimentare effettivamente resilente e maggiormente sostenibile, che i fondi, in particolar modo della PAC, venissero allocati coerentemente con le tiepide dichiarazioni fatte. Fermarsi a una paventata riduzione degli allevamenti intensivi non è sufficiente, ma è urgente ristrutturare l’industria agroalimentare al fine di renderla davvero sostenibile e maggiormente rispettosa dei diritti animali, supportando la transizione a produzioni vegetali, che sostituiscano progressivamente quelle animali.
È solo un favore politico a supporto di
un'industria malsana e violenta che giustamente sta perdendo terreno e il
Parlamento Europeo ha il dovere di rigettare questa proposta senza
ambiguità.