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UE: proposta nuova Politica Agricola Comune, il rischio è di tornare indietro di decenni

La proposta per la PAC post-2027 non si rivela all'altezza delle necessità urgenti.

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venerdì 25 luglio 2025

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#allevamenti #pac #ue
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UE deve farsi capofila di un cambiamento sempre più urgente

Il 16 luglio, la Commissione europea ha presentato la sua proposta legislativa per la Politica Agricola Comune (PAC) all'interno del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) post-2027.
Questa proposta ha già fatto sollevare le associazioni di categoria che, capitanate dal Copa-Cogeca, lobby agricola-zootecnica fortissima a Bruxelles, hanno manifestato contro la riduzione dei fondi previsti per la prossima PAC, che vede una diminuzione significativa rispetto al periodo attuale. Rispetto al periodo precedente, si tratta invece di 87 miliardi in meno di euro. Ma lo status quo, che loro difendono, è l'unico vincitore.

Sono decenni, a partire dal 2000, che si parla di “greening” della PAC, ovvero della necessità di rendere questa politica, una tra le più rilevanti dell'UE, uno strumento efficace per sostenere l'agricoltura in modo da garantire al contempo maggiore attenzione all'ambiente, al clima, alla salute e agli animali: in sostanza al futuro di tutti.

Eppure negli anni non si è raggiunto alcun cambio di modello, con miliardi di animali allevati in condizioni di sovraffollamento, incuria, violenza sistematica, come ha mostrato anche il docufilm Food for Profit. Ciò è legato a agricoltura intensiva di monocolture, principalmente finalizzate alla produzione di mangimi, con enormi impatti non solo sulle vite di questi individui, ma sul clima, sull'ambiente, sulla salute delle persone.

Anche la proposta di questa PAC sembra l'ennesima occasione mancata, i pagamenti accoppiati - aiuti finanziari destinati a sostenere
specifiche produzioni agricole -
per gli animali allevati non sono subordinati a nessun requisito obbligatorio di “benessere”. Si tratta di una gravissima lacuna che rischia di consolidare le pratiche intensive già presenti e che non favorisce la transizione verso un modello più estensivo anche attraverso la riduzione del numero di animali allevati.

Questo aspetto è strettamente legato anche al fatto che non è presente alcun collegamento esplicito e definito con il pacchetto legislativo sulla tutela degli animali allevati, su cui è in corso una riforma proprio a livello europeo, inclusa l'eliminazione graduale delle gabbie su cui già nel 2021 la Commissione aveva preso pubblicamente un impegno.

È NECESSARIO UN CAMBIO DI PARADIGMA

Il modello attuale deve necessariamente evolversi verso un modello molto più fortemente basato su cibi vegetali, e quindi produzione di colture proteiche in modo da garantire approvvigionamento interno adeguato, e riduzione graduale ma sostanziale del numero di animali allevati e della presenza di enormi fabbriche di animali crudeli e inquinanti.

Tuttavia, la proposta mantiene lo stanziamento del 2% di sostegno accoppiato al reddito per le colture proteiche. Questo è largamente insufficiente per raggiungere gli obiettivi strategici dell'UE in materia di autosufficienza proteica e di transizione verso sistemi alimentari più sostenibili.

Ad oggi, nessun cambio di paradigma è stato registrato, e i tempi sarebbero più che maturi per un salto di qualità di questo strumento proprio per mettere le basi per una transizione che non può più essere rimandata.

Eppure con il Dialogo strategico sul futuro dell'agricoltura in UE, lanciato dalla stessa Commissione, era emersa chiaramente la necessità di sostenere la transizione verso sistemi agroalimentari sostenibili deve dare priorità a elevati standard di tutela degli animali allevati e al sostegno a produzioni vegetali. E anche sulla base di quel report la Commissione ha pubblicato la sua Visione per il futuro dell'agricoltura a inizio 2025, parole che restano vane se non adeguatamente sostenute da misure concrete e misurabili.

UNA PROPOSTA INSUFFICIENTE PER GARANTIRE UN CAMBIO DI PASSO

Per la prima volta la proposta della Commissione sulla PAC menziona esplicitamente il sostegno alla transizione per rendere l'allevamento più estensivo e la necessità di allineare la politica agricola agli obiettivi di sostenibilità e “benessere” degli animali. Il “benessere animale” è esplicitamente citato come obiettivo della PAC (articolo 2) e tra le priorità degli eco-schemi (articolo 10).

Ma purtroppo sembrano solo buone intenzioni: la proposta per la PAC post-2027 non si rivela all'altezza delle necessità urgenti e gli elementi positivi non sono sostenuti da adeguate misure di tipo finanziario e di enforcement e rischiano di minare alla base gli obiettivi espliciti di questa politica. Nessun supporto finanziario specifico è dedicato alle misure per il “benessere degli animali” o per la salvaguardia dell'ambiente. A parte il sostegno diretto, quindi di fatto sussidi ai produttori a fondo perduto, il resto degli impegni non vincolanti per animali e ambiente sono demandati a scelte nazionali.

Scelte nazionali che, come vediamo in Italia, già da ora possono essere molto critiche: per esempio sono sempre fondi nell'ambito dell'Ecoschema 1 dell'attuale PAC, sul “benessere animale” di bovini e suini, che andranno a finanziare l'etichettatura nazionale SQNBA (Sistema Qualità Nazionale Benessere Animale) sui prodotti derivanti dall'allevamento di questi animali. Nel caso di bovini e suini si ammettono anche condizioni di detenzione del tutto insufficienti e che nulla hanno a che vedere con “standard superiori di benessere animale”, come la possibilità di tenere le mucche a posta fissa (ovvero gli animali sono legati), o il fatto che non ci sia un divieto di utilizzo gabbie per le scrofe (madri dei maiali allevati all'ingrasso che rientreranno nello schema di etichettatura)[1].

Tornando alla nuova PAC proposta, emerge con chiarezza che è del tutto insufficiente per garantire un cambio di passo e anzi farebbe fare gravi passi indietro.

La Commissione deve prevedere criteri più rigorosi e indicatori di risultato chiari e verificabili, per evitare una situazione in cui alcuni Paesi sono all'avanguardia mentre altri sono molto indietro. Per esempio, nei Paesi con budget limitati, o volontà politica assente ad occuparsi seriamente dei problemi ambientali, climatici e della tutela degli animali, i programmi agroambientali e di “benessere animale” semplicemente non saranno attuati.

La recentissima sentenza di una Corte spagnola ha stabilito che l'allevamento intensivo (in quel caso di maiali) lede non solo i diritti degli animali ma anche i diritti umani delle persone costrette a vivere intorno a queste fabbriche inquinanti.

Come fare quindi, se il massimo strumento di politica agricola in Europa, con quantità ingenti di soldi pubblici di tutti noi, non sostiene la direzione verso un modello diverso, nei fatti, non con le parole?

Sono tantissime le procedure di infrazione aperte da Bruxelles nei confronti degli Stati Membri che non rispettano requisiti di tutela ambientale strettamente legati alla zootecnia.

Per esempio, contro l'Italia sono state aperte procedure di infrazione per l'inquinamento da nitrati delle acque e per la bassa qualità dell'aria. I nitrati sono fortemente collegati alle deiezioni degli animali che in quantità enormi l'industria zootecnica deve in qualche modo smaltire e che inquinano terra, acqua e aria.

È quindi la stessa UE che deve farsi capofila coraggiosa di un cambio di paradigma che per ora non arriva. Sono solo parole al vento.

Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno il dovere di migliorare sensibilmente la proposta sulla PAC, chiedendo:

  • la definizione di fondi vincolati a misure per il “benessere animale”,
  • un sostegno chiaro alla transizione verso sistemi di allevamento senza gabbie e alla implementazione della nuova normativa di tutela degli animali allevati,
  • un supporto alle colture proteiche per il consumo umano
  • la garanzia che la società civile e le ONG siano significativamente incluse nello sviluppo dei piani nazionali.


[1] L'importo unitario stimato varia da 240,00 euro/UBA per i bovini a 300 euro/UBA per i suini. (Fonte: MASAF). UBA = “unità di bestiame adulto”, una unità di misura che ha un coefficiente che corrisponde a 1 nel caso di bovini di età superiore ai 2 anni (1 UBA = 1 bovino di età superiore a 2 anni), e a 0.3 per un maiale “da ingrasso” (un maiale corrisponde a 0.3 UBA, circa 3 maiali per fare un UBA).