Quale valore risarcitorio per la perdita di un animale d’affezione? Il caso del cane smarrito e qualificato come mero bagaglio.
Commento alla sentenza CGUE VII sezione del 16 Ottobre 2025 (causa C 218/24).
Lo scorso 16 ottobre la Corte di Giustizia
dell'Unione Europea ha decretato che, anche se solo a fini risarcitori, non vi
è alcuna differenza tra perdere una valigia e il proprio amico a quattro zampe.
A fronte di un riconoscimento sempre più generalizzato degli animali come soggetti di diritto, e della conseguente valorizzazione del rapporto con i loro esseri umani di riferimento, lascia disorientati la decisione del massimo organo giudiziario dell'Unione, che lapidariamente afferma “gli animali da compagnia non sono esclusi dalla nozione di «bagagli»”.
La vicenda ha inizio il 22 Ottobre 2019, quando una donna, prima di salire sul volo che da Buenos Aires l'avrebbe portata a Barcellona, affidava il trasportino in cui avrebbe viaggiato il suo cane agli operatori della compagnia aerea. Tuttavia, durante le operazioni di imbarco, l'animale fuggiva senza che gli addetti riuscissero a recuperarlo.
Chi legge può senz'altro immaginare i sentimenti che hanno animato la passeggera quando, arrivata a destinazione, ha dovuto fare i conti con l'idea di aver perso irrimediabilmente il proprio cane. Sentimenti che hanno portato la donna a citare in giudizio la compagnia aerea, chiedendo un risarcimento per danni morali che andasse ovviamente oltre il mero “valore” di quanto fosse stato smarrito.
Animato dal dubbio che un animale non possa essere equiparato, anche a fini risarcitori, ad un bagaglio, il giudice iberico titolare della causa decide di rimettere la decisione alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Dubbio, tra l'altro, alimentato dal richiamo all'art. 13 TFUE, che sancisce lo status degli animali come esseri sensienti, e all'art. 333 bis del codice civile spagnolo, che individua gli animali come esseri viventi dotati di sensibilità e prevede che il regime dei beni venga loro applicato solo quando compatibile con la loro natura e tutela.
L'art. 13 TFUE, infatti, non solo costituisce la base comunitaria della rinnovata soggettività giuridica di cui sono dotati gli animali, ma, come riconosciuto dalla stessa giurisprudenza (sentenza del 29 febbraio 2024, cd. Vet Naturprodukte, C‑13/23, EU:C:2024:175, punto 49), rappresenta un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall'Unione.
Da ciò deriva la natura sostanziale e strumentale, e non solo dunque formale, di tale riconoscimento. Strumentalità che, nel caso in oggetto, si ravvisa non solo nella tutela dell'animale in quanto tale, ma anche nella valorizzazione del rapporto affettivo che si era instaurato con l'umano di riferimento.
Ebbene, nonostante tali premesse normative, la Corte afferma: “Tuttavia, l'articolo 13 TFUE non vieta che gli animali siano trasportati come «bagagli», ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 2, della Convenzione di Montreal, e siano considerati tali nell'ambito del sistema di responsabilità istituito da tale convenzione, a condizione che le esigenze in materia di benessere degli animali siano pienamente prese in considerazione al momento del loro trasporto”.
Proprio il carattere onnicomprensivo delle richiamate “esigenze in materia di benessere animale”, le quali non riguardano solo la salvaguardia dell'animale in sé, in questo caso irrimediabilmente intaccata, ma anche il valore economico, che altro non è che la proiezione risarcitoria del valore tout court, di tale benessere e della sua lesione. Con ciò a dire che il riconoscimento della tutela del benessere animale richiede necessariamente una valorizzazione, anche risarcitoria, adeguata qualora tale principio venga disatteso.
Nonostante ciò, i giudici comunitari decidono di dare una lettura oltremodo severa, restrittiva e non in linea con l'evoluzione normativa della questione animale, della Convenzione di Montreal, che disciplina la responsabilità del vettore per i “passeggeri e i loro bagagli”.
Riconducendo de plano il cane in questione alla seconda categoria, la Corte afferma che “Benché il significato comune del termine «bagagli» rinvii a oggetti, esso non consente, di per sé, di concludere che gli animali da compagnia non rientrino in tale nozione”.
Non essendo gli animali esclusi dalla nozione di bagaglio, continua la sentenza, la disciplina prevede che il risarcimento del danno derivante dalla loro perdita sia soggetto ad un limite ben definito, che comprende sia il danno morale che quello materiale. Questo a meno che prima dell'imbarco il passeggero non faccia preventivamente, e dietro pagamento di un eventuale supplemento, una dichiarazione speciale di interesse, che esporrebbe il vettore al risarcimento della somma dichiarata. Mancando in questo caso, sentenziano i giudici, tale dichiarazione, il risarcimento deve essere corrisposto nei limiti previsti per un “normale” bagaglio.
Non viene dunque riconosciuto dai giudici alcun valore al rapporto affettivo ed emozionale che intercorre tra il passeggero e un essere vivente a cui questo è legato, laddove lo “speciale interesse” alla sua salvaguardia dovrebbe sussistere in re ipsa, senza necessità che vi sia alcuna dichiarazione preventiva. Men che meno viene riconosciuto il diritto dell'animale in se ad essere tutelato e protetto e gestito dalla compagnia aerea nel rispetto del suo diritto alla vita ed alla salute
Come era lecito aspettarsi, la decisione ha sollevato molto clamore e attirato altrettante critiche, poiché, aldilà della triste vicenda, costituisce un deciso passo indietro nella considerazione giuridica degli animali, del riconoscimento dei loro diritti e nella tutela del loro rapporto con gli esseri umani.
Oltre i numerosi interventi di carattere normativo, tra cui spicca ovviamente in Italia l'inserimento della tutela degli animali tra i principi fondamentali della Costituzione, tale cambiamento culturale e sociale è confermato anche nell'ambito della stessa aviazione, ad esempio, dalla recente iniziativa dell'ANAC, che ha liberalizzato il trasporto degli animali in cabina anche oltre i limiti di peso previgenti.