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Pesca a strascico: l’inferno per le creature marine

Nuovo blitz della Guardia Costiera in Sardegna evidenzia la situazione.

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Ultimo aggiornamento

venerdì 14 novembre 2025

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Necessari maggiori controlli e scegliere di non incentivare l'uccisione di animali acquatici

La Guardia Costiera di Cagliari ha concluso una vasta operazione di controllo volta a contrastare la pesca illegale e la commercializzazione di prodotti ittici non tracciati nei mari e nei mercati della Sardegna centro-meridionale.

L’operazione, coordinata dal Centro Controllo Pesca della Capitaneria di porto di Cagliari tra il 10 e il 31 ottobre ha portato a controlli capillari sia in mare, visto il fermo biologico della pesca a strascico in quelle zone, sia a terra nella filiera commerciale, dalla grande distribuzione ai ristoranti, per violazione delle norme sulla tracciabilità alimentare. Il bilancio dell’operazione è di 12 infrazioni amministrative, per un totale di 30mila euro di sanzioni, e del sequestro di oltre 7,5 tonnellate di prodotto ittico, che equivale ad un numero elevato di animali acquatici

Nella stessa operazione, con l’intervento di un elicottero della Guardia Costiera per i controlli in mare, sono stati individuati tre pescherecci sorpresi in attività di strascico durante il fermo biologico. Gli equipaggi sono stati sanzionati per 6mila euro e il sequestro di tre reti e numerosi individui di diverse specie pescati, per un totale di 150 kg.

NON PESCI MA 'PRODOTTI ITTICI'...

Nel riportare la notizia della vasta operazione viene fatto riferimento a “tonnellate di prodotti ittici”, senza indicare il numero di individui e la specie. Questo per la scarsa attenzione e sensibilità verso i singoli animali acquatici, ma anche perché tale è il trattamento che la pesca a strascico riserva ai pesci.

Il Mar Mediterraneo è uno degli ecosistemi marini più ricchi di biodiversità al mondo, ma anche tra i più sovra-sfruttati. L’Italia, con i suoi oltre 7.500 chilometri di costa, ha una delle flotte da pesca più estese del Mediterraneo, molte delle quali praticano la deleteria pesca a strascico.

La pesca a strascico consiste nel trainare una grande rete lungo il fondale marino, con lo scopo di catturare pesci demersali come triglie, scampi, merluzzi e sogliole. Tuttavia, questa tecnica uccide indiscriminatamente tutti, anche specie non commerciali, specie protette, animali in via di estinzione e individui che non hanno raggiunto ancora le misure minime pescabili. Questo genere di pesca devasta animali e habitat ricchi di biodiversità, come le praterie di Posidonia, lasciando cicatrici profonde e minacciando anche specie che popolano gli oceani da oltre 400 milioni di anni: gli squali, con i loro cicli riproduttivi non riescono a recuperare il repentino declino delle popolazioni.

I pesci pescati in questi modi soffrono terribilmente, perché inseguiti dalla rete, soprattutto a velocità di traino più elevate e con tempi di immersione più lunghi. Subiscono inoltre lesioni, asfissia e schiacciamento poiché vengono costretti nella stretta estremità della rete durante il processo di cattura. L’issaggio poi a bordo aumenta i livelli di stress e provoca lesioni fisiche: sovraffollamento, predazione tra specie diverse pescate, lo shock termico e il barotrauma sono solo alcuni aspetti critici per i pesci, che spesso muoiono anche per affaticamento nel tentativo di fuggire.  

Nonostante ciò, in Europa la pesca a strascico non è vietata, ma esistono limiti di profondità, periodi di fermo biologico e aree marine protette. Però le deroghe sono numerose, i controlli sempre più difficili e le sanzioni non adeguate e spesso inefficaci.

IL 'BUONO STATO ECOLOGICO'

La Direttiva europea sulla Strategia Marina impone agli Stati membri di raggiungere il “buono stato ecologico” dei mari, ma la pesca a strascico resta uno dei principali ostacoli, in quanto pratica usuale in Italia, sostenuta da incentivi economici e radicata in molte comunità costiere, anche illegalmente.

Un cambiamento è possibile solo con una reale volontà politica, basta pensare che l’8% della superficie marina è occupato da aree marine protette ma meno del 3% è tutelato abbastanza da escludere attività distruttive come la pesca a strascico (Reuters ).

Le aree marine protette sotto giurisdizione italiana al momento sono 30, più 2 parchi sommersi e il Santuario Internazionale dei mammiferi marini.

Tuttavia, l’aumento di queste aree rimane ancora una piccolissima percentuale (circa l'1,7%) delle acque territoriali italiane, nonostante l'Unione Europea si sia impegnata a proteggere legalmente il 30% della sua superficie marina entro il 2030 e questo obiettivo sia stato rafforzato dalla Dichiarazione del Governo sull’Emergenza Climatica e Ambientale , collegato agli obiettivi globali dell'Agenda 2030 per la vita sott'acqua (Goal 14) e il clima (Goal 13). 

Tutelare le aree marine protette, ampliarle e accrescerne il numero deve essere un proposito fondamentale per proteggere la biodiversità marina, e questo scopo deve andare di pari passo con la reale volontà di contrasto ad attività di pesca illegale, maggiori controlli e minori finanziamenti alla pesca in generale.

La strada è lunga, ma ciascuno può fare la propria parte: anche modificare le proprie abitudini alimentari e scegliere di non incentivare la tortura e uccisione di animali acquatici è un passo che ogni persona può e deve intraprendere.