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Referendum per l'abolizione della caccia. La posizione della LAV

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Ultimo aggiornamento

domenica 18 luglio 2021

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La caccia va abolita!

Siamo convinti che la caccia debba essere abolita e per sempre. La contrastiamo ogni giorno e sono tantissimi gli animali che salviamo ogni anno, muovendoci in un quadro normativo complesso e opponendoci fermamente a leggi proposte da politici vicini al mondo venatorio. Come, ad esempio, è avvenuto nei giorni scorsi in Abruzzo, dove siamo riusciti a sospendere le preaperture fino all’8 settembre, salvando così la vita a migliaia di Cornacchie grigie, Gazze, Ghiandaie e Tortore selvatiche. E come nel caso della Sardegna dove depositiamo un ricorso contro il calendario venatorio che prevede la caccia a specie considerate in stato di conservazione critico. O come quando siamo riusciti a bloccare definitivamente il tentativo della Regione Lombardia di riaprire i roccoli, le micidiali reti che venivano utilizzate per catturare gli uccelli migratori, salvando in questo caso milioni di animali.
 

La nostra esperienza con i referendum

L’abolizione della caccia è uno fra i nostri più ambiziosi obiettivi, ma siamo fortemente consapevoli che il risultato non è per nulla facile e scontato da raggiungere. Già nel 1986 e 1989 (con il voto perso per non raggiungimento del quorum, nel giugno 1990), LAV è stata co-promotrice dei referendum anticaccia di quegli anni impegnandosi in analoghi tentativi anche in alcune Regioni, dall’Emilia Romagna al Piemonte. Conosciamo bene le difficoltà del percorso referendario e sappiamo quali e quante energie sono necessarie per riuscire ad indire un referendum sul tema che possa avere una concreta possibilità di vittoria. Per riuscirci è necessario e indispensabile fin dai primi istanti creare un fronte comune, coeso e organizzato con tutto il mondo anticaccia, per essere compatti e avere più chance di vittoria.

Per questi motivi abbiamo consultato alcuni professionisti costituzionalisti che ci hanno consigliato di iniziare questo percorso nel 2023, un periodo nel quale potranno concentrarsi le migliori opportunità a cominciare dalla istituzione della piattaforma digitale nazionale, gestita dallo Stato, sulla quale raccogliere le firme qualificate. Noi iniziamo a lavorarci dai prossimi mesi per fare le cose per bene e avere le maggiori chance di successo possibile.

Il referendum non è uno scherzo e non ci si può improvvisare.
 

Perché non abbiamo aderito al percorso referendario

  Quando ci è stato proposto di partecipare, c’era troppo poco tempo per predisporre la macchina organizzativa che potesse raggiungere il risultato delle firme raccolte, inoltre le proposte che abbiamo avanzato ai comitati referendari, per facilitare l’esecuzione del progetto, non sono neppure state prese in considerazione: bisogna raccogliere oltre 500 mila firme (700 mila per essere certi) in soli 3 mesi e per farlo è fondamentale coinvolgere fin dall’avvio tutte le associazioni grandi e piccole, è necessario avere il tempo di costruire un’elevata esposizione sui media e cercare chi possa sostenere tutta la macchina organizzativa e promozionale dal punto di vista economico (il referendum richiede enorme impegno economico).

  La presenza di due comitati referendari con due quesiti distinti è l’inizio più compromettente che si potesse avere, con le inevitabili incomprensioni per i cittadini che influiscono negativamente sul numero di firme raccolte. I sostenitori quindi si divideranno fra due quesiti diversi.

  A inizio agosto ci era stato comunicato della volontà, da parte di uno dei due comitati promotori, di riunirsi con noi e le altre associazioni per discutere degli sviluppi della campagna di raccolta firme, ma non siamo mai stati convocati.

  Noi di LAV, come altre associazioni nazionali (ENPA, LAC, LNDC, OIPA, WWF, LIPU, Associazione Vittime della Caccia, ecc), non sosteniamo questo percorso referendario perché il pericolo di fallimento è altissimo e non possiamo rischiare di sprecare tempo e risorse dei nostri donatori su una sfida che è già perdente.

  Inoltre, è chiaro a tutti come il non raggiungimento del numero sufficiente di firme non sarà solo un dato statistico, bensì si potrà trasformare in un assist al mondo venatorio per cercare nuovi consensi politici nelle regioni italiane dove la crudele attività della caccia è purtroppo ancora molto diffusa.

Abbiamo molto a cuore le risorse che i nostri soci e sostenitori con grande fiducia ci affidano e crediamo debbano essere impegnate in attività che possano davvero produrre concreti e importanti cambiamenti per gli animali, ancor di più in questo momento storico in cui il fronte pro-caccia è particolarmente diffuso e trasversale a tutti i partiti politici.

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