Grazie all'intervento tempestivo ed esperto della nostra Unità d'Emergenza.
Miyagi, lo abbiamo chiamato così, lo abbiamo intercettato in Basilicata, mentre percorrevamo, in vacanza, la statale di Francavilla in Sinni, in direzione di Matera.
Un cane, simile a un pastore maremmano, che correva mezzo alla carreggiata? Sì, era spaventatissimo, ma non solo: aveva un laccio di quello che ci è sembrato fil di ferro, stretto intorno alla vita. Si vedevano le lacerazioni provocate!
Cercando di affrontare la situazione con calma, per metterlo almeno in sicurezza, abbiamo fatto diversi passaggi in auto per cercare di avvicinarlo. Siamo riusciti a farlo oltrepassare il guardrail e a spingersi in un campo, fuori dalla portata delle auto. Dai C.C. Forestali, interpellati subito, siamo venuti a sapere che era stato segnalato già due giorni prima da altre persone: il canile competente, allertato, non aveva sistemi e possibilità di catturarlo per metterlo in salvo, ma lo avrebbe ospitato.
IN LOTTA CONTRO IL TEMPO
Miyagi non si faceva avvicinare e
si rischiava di farlo riscappare in strada. Non rimaneva che far arrivare l’attrezzatura
indispensabile per il caso con la nostra Unità d’Emergenza. La sera stessa
abbiamo posizionato una gabbia trappola monitorata da fotocamere e utilizzato
un drone termico. L’ambulanza veterinaria LAV era già pronta lì vicino. Dopo
diversi passaggi, alle 14 del giorno successivo, aiutati anche da un percorso olfattivo siamo riusciti a catturarlo!
Da vicino abbiamo compreso la gravità della situazione: il laccio di ferro intrecciato era penetrato nella pelle tutto intorno alla vita e comprimeva il pene, tanto che l’urina gocciolava e l’animale era impossibilitato a urinare. Tutto questo avrebbe causato dei danni serissimi e a rischio di vita. Insieme al referente del canile abbiamo ricoverato Miyagi nella struttura dove sono iniziate le cure veterinarie. La sua salute migliora, ma è molto spaventato.
Un sospiro di sollievo: in 36 ore dal primo nostro ‘incontro’ siamo riusciti a soccorrere Miyagi. Non abbiamo mai disperato di riuscirci, ma il rischio di non farcela c’era.
UN SADICO ATTO DI CRUDELTÀ
Non sappiamo come il cane abbia
fatto a finire in quella condizione, potrebbe essere stata la mano di chi voleva impedirne con inaudita crudeltà i movimenti (un gesto punitivo per un
animale vagante, come hanno ipotizzato i Carabinieri Forestali) o il laccio posizionato da un bracconiere per catturare animali
selvatici. Di solito, i lacci di quel genere sono fissati al terreno o sugli alberi, intrappolano le zampe e
l’animale muore sul luogo della trappola. Su Miyagi inoltre non c’erano segni del tentativo di
strapparsi il laccio.