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Scimmie clonate, quando l'uomo gioca a fare Dio

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Ultimo aggiornamento

mercoledì 24 gennaio 2018

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La notizia della clonazione di due macachi sta destando molto clamore in tutto il Mondo, con reazioni contrastanti. Tra tutte spicca una domanda, formulata in vari ambiti, scientifici, religiosi e politici: quale sarà il limite?

Questo perché i due piccoli clonati appartengono a una specie molto vicina filogeneticamente all’uomo.

Ma la vicinanza genetica con la specie umana è solo la punta dell’iceberg di una questione etica che passa per lo più in secondo piano: questi due cuccioli, infatti, si aggiungono alla lunga lista di animali chimera che non hanno nessun senso in natura, se non diventare dei tristi esperimento-giocattolo.

Quando capiremo che la genetica e la vita non sono un gioco?

Continuiamo a modificare esseri viventi, senzienti, senza preoccuparci delle conseguenze. Ci alimentiamo di vegetali sterili e geneticamente modificati, gli allevamenti sono pieni di animali con un corredo genetico innaturale, nei laboratori inseriscono DNA umano in cavie per farle assomigliare a noi, ottenendo organismi ibridi che non seguono nessuna legge evoluzionistica, ma rispondono a logiche di opportunismo che nulla hanno a che fare con la Ricerca e il Progresso scientifico.

Ora a distanza di 20 anni dalla clonazione della pecora Dolly arrivano questi piccoli, spaventati e fragili cuccioli, dal futuro a dir poco incerto. Gli esperimenti di clonazione, purtroppo, hanno una elevata percentuale di insuccesso e determinano embrioni, feti e cloni malati e poi soppressi, dei quali però non viene data notizia.

Lo stesso Qiang Sun, direttore del Nonhuman Primate Research Facility dell'Accademia cinese delle scienze, afferma che sono stati impiantati 79 embrioni in 21 madri surrogate e queste sono le uniche scimmiette nate vive su 6 gravidanze.

Uno studio di Nature Genetics (DOI: 10.1038/ng841) - basato su dati INFIGEN (una delle multinazionali che ha nella clonazione il proprio core business) e su studi di Atsuo Ogura (National Institute of Infectious Diseases di Tokyo) pubblicato anche dalla testata inglese New Scientist - afferma che il 75% degli embrioni animali clonati muore entro i primi due mesi di gravidanza e che comunque il 25% nasce morto o con deformità incompatibili con la vita.

Da 100 cellule di partenza mediamente solo una diverrà un animale “adulto e sano”. Gli individui malformati vengono soppressi alla nascita oppure dopo aver manifestato malattie che i ricercatori non potevano prevedere. Ecco perché la notizia di tali esperimenti viene resa pubblica solo dopo alcune settimane dall’evento, ovvero quando l’animale sopravvive almeno alla prima fase della sua esistenza da “creatura da laboratorio”. 

I problemi che più di frequente presentano gli animali clonati sono: taglia corporea più grande del normale, patologie cardiache e polmonari, reni deformi, blocchi intestinali, deficienze immunitarie, diabete, tendini di lunghezza inferiore al normale, ecc.
L’essere vivente è il frutto di varie componenti e quella genetica ne rappresenta il 50%: è impensabile ottenere una copia identica  dell’individuo che sia scimmia, cane o uomo perché, come dice la parola stessa, è unico.

Questa non è scienza, non è un passo avanti per la salute dell’uomo o del pianeta, ma pura ricerca di chi non conosce etica né limite tra ciò che è giusto e utile e ciò che è inutile e sbagliato.

Michela Kuan
Biologa, responsabile Area Ricerca senza animali

(foto dal web)