La Corte di Cassazione conferma la confisca di 500 tra pecore e agnelli.
La Corte di Cassazione ha confermato la confisca del gregge di 500 tra pecore e agnellini ai due allevatori condannati per maltrattamento di animali, rendendo così definitiva la decisione presa nei gradi precedenti.
Per i pastori maltrattanti lo scorso 1° ottobre è stata richiesta l'archiviazione da parte del Pubblico Ministero, ma l'esito ancora non c'è.
La posizione dei proprietari dell'azienda agricola (che erano indagati per maltrattamento per omissione) si era conclusa, invece, con una sentenza di patteggiamento a 7 mesi di reclusione, confisca dell'intero gregge e applicazione di misura accessoria di sospensione dell'attività commerciale per 4 mesi.
I proprietari avevano proposto il ricorso in Cassazione, che lo ha dichiarato inammissibile e ha ritenuto i proprietari responsabili oggettivamente del benessere degli animali affidati ai dipendenti.
Anche se i maltrattamenti materiali erano stati compiuti dai pastori, i titolari dell'allevamento non possono esimersi dalle loro responsabilità di controllo e gestione.
Inoltre, la sospensione dell'attività per 4 mesi conferma la volontà della magistratura di colpire non solo i singoli atti di crudeltà, ma anche l'intero sistema gestionale che li ha resi possibili.
Questa sentenza della Cassazione stabilisce un principio di grande importanza nella tutela degli animali. La confisca animali per maltrattamento è una conseguenza automatica e inderogabile della condanna. La responsabilità non è solo di chi compie materialmente l'atto, ma si estende al proprietario che ha il dovere di vigilare. Inoltre, la misura può colpire l'intero gruppo di animali (come un gregge), considerato nel suo complesso. Questa decisione rafforza gli strumenti a disposizione della giustizia per contrastare i reati contro gli animali, sottolineando che le conseguenze patrimoniali per i responsabili possono essere molto severe, anche quando si accede a riti alternativi come il patteggiamento.