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Sperimentazione: diario di un viaggio nell'Europa del futuro

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Ultimo aggiornamento

domenica 11 dicembre 2016

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Due giorni intensi quelli del convegno, organizzato dalla Commissione Europea: “Scientific Conference: Non-Animal Approaches - The Way Forward”. Sul palco dei relatori, politici e scienziati si sono alternati per discutere su un fine comune, la sostituzione degli animali nella ricerca.

Ovviamente, non sono mancati dibattiti e posizioni in favore del modello animale, ma sono sempre stati bilanciati e sono stati dati spazi uguali a tutti gli interventi, indipendentemente dalla posizione sostenuta, fatto non scontato in Italia, dove in situazioni accademiche o istituzionali la voce di chi difende gli animali o ne promuove la sostituzione nella ricerca, è sempre decisamente in minoranza.

Il convegno nasce in risposta alla petizione internazionale #STOPVIVISECTION che ha raccolto 1.173.130 firme per chiedere di abrogare o modificare la direttiva 2010/63 sulla vivisezione, campagna che è stata più volte ricordata nel corso del convegno, soprattutto per sottolineare l’importanza della volontà espressa dai cittadini, che deve essere presa in considerazione anche dalla comunità scientifica.

Illuminanti le parole di Maurice Whelan del JRC - servizio scientifico interno della Commissione Europea che ha l’obiettivo di fornire un supporto tecnico, indipendente e basato sull’evidenza scientifica - che nel suo discorso ha sottolineato che il punto, nell’evoluzione della ricerca scientifica, non è solo implementare i metodi alternativi, riducendo o migliorando l’uso di cavie, ma trovare nuovi approcci sperimentali che non usino animali, per salvare il pianeta e gli uomini, perché è chiaro che fin’ora abbiamo fallito. Infatti, non si parla più di alternativa al modello animale, ma di un’altra ricerca, una nuova era scientifica.

Concetto lampante quando si assiste a presentazioni su micro-organoidi e chip che riproducono l’uomo nella sua complessità, mettendo in un unico sistema in grado di comunicare, organi diversi come pelle, cervello, fegato, reni, occhi, ossa e sangue in vitro umano.

O, ancora, quando si parla di metabolica, una branca scientifica relativamente nuova (20 anni) che investiga l’effetto delle sostanze e il meccanismo con cui esse agiscono nell’organismo, mentre nell’animale noi vediamo solo gli effetti – non il meccanismo – e per di più non attendibili, per l’uomo!

Infine, importanti sono state le argomentazioni, portate avanti da alcuni relatori, sulla trasparenza delle pubblicazioni scientifiche, protagoniste secondo alcuni di un circolo vizioso in cui chi le fa ha bisogno di pubblicare studi con esito positivo (Janelle Weaver: Animal studies paint misleading picture; Unpublished negative results may explain limited translation of promising treatments to the clinic), nuovi e spettacolari per andare avanti; e, sempre secondo alcuni interventi è emerso che, a loro volta, i giornali hanno bisogno di pubblicare nuove scoperte promettenti e le stesse istituzioni e raccolte fondi sostengono solo chi pubblica dati positivi e spettacolari. Processo aggravato dalla mancanza di condivisione di dati (il 90% dei dati che provengono da ricerche rimane secretato secondo alcuni relatori) e dalla pubblicazione dei soli esiti positivi, con una ripetizione assurda di sperimentazioni e “spreco” di vite di animali.

Nel complesso, il convegno è stato un’esperienza esaltante, che riempie di speranze le esigue aspettative di noi animalisti e scienziati, contro l’obsoleta e fallace sperimentazione animale. Di certo le cose non cambieranno in poco tempo, ma il palco di relatori e di uditori affascinati dalle tecniche più innovative di ricerca, nel cuore pulsante dell’Europa, sono un segnale molto positivo.

Le parole ascoltate certo non bastano, ma rafforzano le nostre richieste di fondi e di un impegno concreto per le alternative alla sperimentazione animale, che non siano solo riduzione del numero di animali (oltretutto attualmente non in atto, visto che il numero di animali in UE sale tragicamente a 13 milioni l’anno) o qualche centimetro di lunghezza alla gabbia, ma una rivoluzione totale nel nome della scienza che non usa gli animali: #NonAnimalScience.

Michela Kuan
Responsabile area Ricerca senza Animali