L'autorevole documento indica il necessario calo del 50% del consumo di carne a livello mondiale.
Il noto studio della Commissione Eat-Lancet, pubblicato nel 2019, è diventato oggetto di una forte polemica e campagna di screditamento online e offline, poiché alla domanda “come nutrire la popolazione mondiale evitando al contempo il collasso climatico?” ha risposto, scientificamente, che è necessario ridurre il consumo di animali.
Perché quando si tocca una delle lobby più ricche e potenti al mondo – quella zootecnica – questo è ciò che ci si può aspettare.
D'altronde anche nel nostro Paese siamo familiari con campagne ideologiche contro l'innovazione e la transizione alimentare.
Il rapporto informava infatti che se il consumo globale di carne rossa fosse stato ridotto del 50%, la cosiddetta “dieta della salute planetaria” avrebbe fornito cibo nutriente a tutti, affrontando al contempo i danni causati dall'agricoltura animale, responsabile di oltre il 14% di tutte le emissioni di gas serra a livello mondiale.
Il documento suggeriva che gli individui - in particolare nei Paesi ricchi - avrebbero dovuto aumentare il consumo di alimenti di origine vegetale, riducendo al contempo la carne e lo zucchero dalla loro dieta.
Un documento trapelato e recentemente visionato dal sito web sul clima DeSmog, rivela che a contribuire ad alimentare questa reazione pare essere stata una società di PR, la Red Flag, che rappresenta la Animal Agriculture Alliance, una coalizione dell'industria della carne e dei latticini creata per proteggere il settore dalle “minacce emergenti”. La Red Flag ha nel Consiglio di amministrazione rappresentanti di Cargill e di Smithfield Foods, due delle cinque maggiori aziende di carne al mondo.
Il documento pervenuto a DeSmog riporta che quasi la metà dei 1.315 articoli sul rapporto Eat-Lancet includeva messaggi e citazioni della campagna di Red Flag.
La campagna e le informazioni da essa divulgate hanno fatto sì che diverse persone inquadrassero il rapporto Eat-Lancet ‘come radicale e fuori dal mondo', inoltre, nell'anno successivo gli scienziati coinvolti nello studio sono stati presi di mira online, tanto che alcuni sono stati portati a ritirarsi dalle apparizioni sulla stampa per discutere della ricerca, minando la loro carriera accademica.
Uno degli autori, il dottor Marco Springmann, ha dichiarato di aver affrontato un grave esaurimento dopo la tempesta mediatica che si è protratta per un anno dopo la pubblicazione. Ricercatore senior presso l'Environmental Change Institute dell'Università di Oxford e ricercatore universitario presso l'Institute for Global Health dell'University College di Londra, è stato ripetutamente accusato di essere prevenuto perché segue una dieta a base vegetale.
Analogamente, la dottoressa Line Gordon, un'altra autrice dello studio, ha dichiarato di essere stata “sommersa” da commenti “davvero cattivi” subito dopo la sua pubblicazione e che il contraccolpo è stato “estenuante”.
Uno studio dei post sui social media nei mesi successivi alla pubblicazione del rapporto, ha rilevato che gli oppositori della ricerca hanno dominato le discussioni e usato “disinformazione, teorie di cospirazione e attacchi personali” per screditare il lavoro.
Victor Galaz, professore associato presso lo Stockholm Resilience Center dell'Università di Stoccolma, che ha partecipato alla stesura del rapporto Eat-Lancet, ha studiato la reazione online all'epoca. “utti sono rimasti scioccati dal volume e dal tono dei tweet: l'aggressività e il grado di menzogna, per dirla senza mezzi termini”, ha detto.
Sebbene non si possa affermare che Red Flag sia coinvolta in attacchi personali contro gli autori di Eat-Lancet, dalle rilevazioni pare che la campagna abbia contribuito a rendere il rapporto così divisivo.
Questa è solo l'ennesima dimostrazione di quanto la zootecnia sia conscia del proprio impatto e sia disposta a tutto pur di insabbiarlo, distraendo le persone con inutili polemiche ideologiche, che spostano l'attenzione dai dati scientifici per focalizzarla su una battaglia social fatta di ignoranza e fake news.
Se si spendesse metà delle energie che sono state investite nello screditare la ricerca, nel modificare i sistemi produttivi per riconvertirli a produzioni vegetali i miliardi di animali che ogni anno in Europa muoiono per mano di queste aziende sarebbero salvi e i danni climatici, sempre più irreparabili, sarebbero già stati arginati.