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In ricordo di Aida: "perche' ho voluto donare i suoi farmaci a LAV"

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Ultimo aggiornamento

domenica 03 maggio 2020

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Quando è arrivata ascoltavo un disco di Rino Gaetano messo su da chi diceva di amarci entrambe. Non aveva neanche due mesi compiuti, eppure il carattere era già tutto lì; potevo tenerlo in un palmo di mano, quel carattere dagli occhi brillanti.

Quando si trattava di dichiarare la nostra appartenenza, come spesso è accaduto in questo ultimo anno di continue visite dal veterinario, non ho mai detto “sono la padrona di Aida”, ma ho sempre dichiarato “sono Carmen di Aida”; ero io a dipendere da lei, non il contrario.

Un giorno la musica è finita, siamo rimaste noi due sole e se non fosse stato per il suo bisogno di urinare non mi sarei alzata dal letto in cui pativo l’abbandono. Partiamo dalle piccole cose, mi diceva Aida, intanto facciamo la pipì, poi organizziamo il resto. La Bibbia è piena di cani posti a difesa del viaggio di qualcuno, così è stato anche per me in questi dodici anni trascorsi insieme. È stata benedizione e bussola, maestra di coraggio e dignità. Non ha mai smesso di combattere, non ha mai lamentato stanchezza, non mi ha mai persa di vista. Mi ha insegnato che amare significa attendere; che fedeltà è sinonimo di pazienza.

È partita ululando alla notte che ci separava. Le medicine accumulate in questi ultimi mesi di patimenti ho deciso di donarle alla Lav perché volevo arrivassero in situazioni di disagio o di bisogno, a persone che non considerano gli animali un bene di lusso da tassare come una proprietà mobile o immobile.

Aida non la potevi cosificare, era sopra tutto quello che consideri materia, era spirito senza moneta. È nata al Cielo Domenica di Pasqua, un premio per la sua piccola saggia esserità. Si legge in un libro sulla teologia degli animali che quelli tra loro “che vivono con l’uomo hanno avuto uno scambio di spirito con lui: ebbene questi animali sono davvero persone” (Paolo De Benedetti).

Carmen