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Alimentazione, diritti degli animali e ambiente: a che punto siamo in Italia?

Abbandonare l'attuale modello di sofferenza e sfruttamento è necessario e urgente.

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mercoledì 20 agosto 2025

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La transizione alimentare è già in atto

Quello alimentare è uno dei settori chiave per l'Italia, dal punto di vista economico, ma anche per le sue ripercussioni sull'ambiente, sulla salute pubblica e sulle condizioni di vita degli animali allevati a scopi alimentari.

Facciamo il punto sul panorama italiano per capire cosa il nostro Paese stia facendo per i territori in cui viviamo, la nostra salute e i diritti degli animali.

Partiamo da qui: ogni anno, in Italia, sono 630 milioni gli animali terrestri macellati [1]. Un numero esorbitante, che si basa su un'industria zootecnica fortemente industriale dove gli animali sono trattati come macchine e dove i loro diritti sono sistematicamente calpestati.

Di contro, sempre più persone decidono di optare per un'alimentazione che riduca o, meglio, escluda in toto, i prodotti zootecnici, quindi carne (e pesce), latticini e uova, arrivando complessivamente al 9,5% della popolazione nazionale nel 2024, un dato di molto cresciuto rispetto al 2023, che vedeva la percentuale di persone che mangiavano principalmente plant-based intorno al 6,6% (Eurispes 2024).

Questa tendenza si riflette chiaramente nel mercato degli alimenti vegetali, che nel periodo 2022-2024 ha visto una crescita esponenziale, arrivando a valere lo scorso anno quasi 640 milioni di euro: nonostante l'inflazione, le vendite sono infatti cresciute di oltre il 13% in due anni [2].

Questo è un dato importante, perché rappresenta la volontà delle persone di contribuire ad un sistema alimentare più giusto, sano ed ecologico.

[1] Anagrafe zootecnica italiana
[2] “Approfondimenti sul mercato al dettaglio degli alimenti a base vegetale in Italia - Carne, latte e bevande, formaggio, yogurt e panna.” – Good Food Institute, giugno 2025.

MA UN'ALIMENTAZIONE VEGETALE È DAVVERO PIÙ SOSTENIBILE? È DAVVERO IL MODELLO PIÙ ETICO?

La risposta breve è un forte e chiaro: SÌ.

Sì, perché le più importanti fonti scientifiche indicano che un'alimentazione basata su prodotti vegetali è quella che ha il maggiore potere di mitigare la crisi climatica, non a caso l'IPCC (il Panel Internazionale sul Cambiamento Climatico) in ogni suo report invita i Governi a modificare i sistemi alimentari proprio nella direzione delle proteine vegetali.

Per dare la dimensione delle conseguenze dell'allevamento di animali basta citare pochi e semplici dati:

  • Il 70% delle emissioni agroalimentari mondiali sono attribuite all'allevamento, soprattutto Co2 e metano (FAO). Questo dato può variare a livello nazionale, a seconda della tecnologia utilizzata, ma rimane il benchmark di riferimento: ciò non è infatti solo causato dalla gestione degli allevamenti sul territorio, ma anche dall'approvvigionamento dei mangimi;
  • La distruzione ambientale anche in altre parti del mondo è diretta conseguenza degli allevamenti, anche quelli occidentali: ad esempio circa l'80% dell'area disboscata in Amazzonia è dedicata a pascoli o monocolture, esportate in tutto il mondo, Italia inclusa, come mangime per gli animali negli allevamenti; questo rappresenta un grave problema per la biodiversità e la tutela degli habitat (IPBES);
  • Sono dati ISPRA A confermare che la stragrande maggioranza di ammoniaca in Italia proviene dalla zootecnia (il 95% viene dall'agricoltura, e di questa percentuale circa l'83% dall'allevamento), con importanti conseguenze sulla formazione di particolato fine (le polveri sottili dannose per la salute respiratoria) e sull'inquinamento di acqua e aria;
  • In Italia ogni anno la produzione e il consumo di carne emettono oltre 3,5 miliardi di kg di Co2eq. [3]

[3] Environmental and health-related external costs of meat consumption in Italy: estimations and recommendations through life cycle assessment - Paper pubblicato a partire dall'analisi riportata nella ricerca su ‘I costi nascosti della carne in Italia'

NÉ ETICA NÉ GIUSTIZIA

Ma non è solo una questione di sostenibilità ambientale, ma anche di etica e giustizia.

Gli spazi, la luce e l'alimentazione negli allevamenti sono innaturali e gli animali sono selezionati geneticamente per la massima resa (es: pollo “broiler” che sviluppa un petto enorme, la parte più richiesta dal mercato, con gravissime conseguenze sulla salute e sulla vita stessa di questi animali). Crudeltà sistematica e mutilazioni sono all'ordine del giorno, anche perché in molti casi permessi dalla normativa di tutela degli animali allevati. È molto facile, purtroppo, mostrare che il concetto di “benessere” e “allevamento” non sono compatibili, come testimoniano anche i dossier scientifici recentemente pubblicati da LAV.

Nonostante queste evidenze, nonostante il voto quotidiano di cittadine e cittadini, agito tramite la spesa alimentare, il nostro Governo non supporta la transizione a un sistema progressivamente più vegetale, ma difende a spada tratta la zootecnia, a discapito della salute pubblica, dell'emergenza climatica e della sofferenza degli animali sfruttati dall'industria zootecnica e della trasformazione.

Oltre a prevedere ingenti fondi (pubblici) di sostegno al settore zootecnico, sia in risposta a malattie come per esempio la PSA, sia come misure di tutela generiche - senza per questo chiedere un cambiamento strutturale del sistema, come per esempio la riduzione del numero di animali allevati in favore di minore densità e maggiori tutele - il Ministro Lollobrigida osteggia apertamente qualunque passo verso una transizione a produzioni vegetali, anche proteiche, che potrebbero garantire maggiore approvvigionamento nazionale di alimenti proteici e ridurre gli impatti sul territorio dei grandi stabilimenti zootecnici.

È recente la notizia di una sentenza storica di una corte spagnola che ha riconosciuto l'impatto enorme degli allevamenti “intensivi” anche sui diritti umani, a causa del degrado ambientale e dell'inquinamento delle acque causato proprio dalla massiccia presenza di stabilimenti zootecnici. Le autorità del territorio dovranno porre rimedio alla situazione.

Ma le scelte nazionali vanno in un'altra direzione e nel solco della lotta alla transizione, il Ministro ha dato avvio qualche mese fa a una procedura per chiedere all'Europa di approvare una legge che sanzioni a livello nazionale pesantemente – e ingiustificatamente – i prodotti vegetali alternativi a latte e derivati, anche solo quando “evocano” (da capire ancora cosa si configuri come evocazione) quelli di origine animale.

PLANT-BASED, UN MERCATO IN MOVIMENTO

Quella di Lollobrigida è una mossa antagonista alla giustizia e al progresso: se si guarda infatti al report del Good Food Institute, che analizza il mercato dei prodotti vegetali in Italia, si nota come le scelte dei consumatori siano volutamente sempre più sbilanciate verso gli alimenti plant-based.

La carne vegetale ha visto un incremento di quasi il 30% nelle vendite tra il 2022 e il 2024, raggiungendo 228 milioni di euro.

Latte e bevande vegetali, proprio ostacolate dal Ministro, rappresentano la categoria con la quota di mercato più alta: il 50,7% delle vendite di alimenti base vegetale nel 2024.

Le alternative vegetali al formaggio, altro prodotto inviso a Lollobrigida, rappresentano una fetta di mercato emergente che ha visto una crescita incredibile, con un aumento del 44,6% nel valore delle vendite tra il 2023 e il 2024 ed importanti effetti in termini di innovazione e crescita delle imprese italiane attive nel settore, che possono contribuire al Made in Italy con creatività e investendo nel progresso.

Inoltre, nel confronto con i prodotti di origine animale emerge che, mentre il volume di vendita del latte vegetale è aumentato, quello del latte animale è diminuito. Analogamente, l'alternativa vegetale al formaggio ha visto una crescita maggiore rispetto a quello animale.

LA TRANSIZIONE ALIMENTARE È GIÀ IN ATTO

Forse la lobby della zootecnia e il Ministro Lollobrigida hanno paura del progresso, inevitabile: la transizione a un sistema alimentare che abbandoni l'attuale modello di sofferenza e sfruttamento, per abbracciare i prodotti vegetali, è già in atto.

Se le istituzioni non si fanno interpreti di questa evoluzione, rischieranno di remare contro a quei principi che decantano, come la tutela dei nostri territori e della capacità concorrenziale del nostro Paese.

La società si evolve, le istituzioni devono fare altrettanto, e non rimanere ancorati a interessi particolari di lobby che rappresentano una quota estremamente minoritaria di cittadini.

[1] Anagrafe zootecnica italiana
[2] “Approfondimenti sul mercato al dettaglio degli alimenti a base vegetale in Italia - Carne, latte e bevande, formaggio, yogurt e panna.” – Good Food Institute, giugno 2025.
[3] Environmental and health-related external costs of meat consumption in Italy: estimations and recommendations through life cycle assessment - Paper pubblicato a partire dall'analisi riportata nella ricerca su ‘I costi nascosti della carne in Italia'

Scopri cosa facciamo noi di LAV per favorire la transizione