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COP27, vogliamo parlare dell'impatto degli allevamenti sul clima

Governi e COP27 riconoscano che la zootecnia ha un'influenza negativa sull'ambiente e intervengano per ridurre il numero di animali allevati.

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lunedì 21 novembre 2022

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COP27: impatto climalterante della zootecnia ancora una volta grande assente

Concluso il grande evento globale sul clima, l’impegno alla trasformazione dei sistemi alimentari per arginare la catastrofe climatica in corso non è emerso. Ancora una volta.

“Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni ora, e questo è un tema che questa Cop non ha affrontato” Antonio Guterres, Segretario Generale dell'ONU

Questo quanto ha dichiarato, deluso, Antonio Guterres in un messaggio per la chiusura dell’incontro internazionale.

Viene spesso citato in questi giorni il recente "traguardo" degli 8 miliardi di persone sulla Terra… e gli animali?

Si stima che oggi, sul Pianeta, si allevino circa 70 miliardi di animali l’anno. Se i trend alimentari attuali saranno confermati nelle prossime decadi, al 2050 questa cifra potrebbe essere di 120 miliardi. Il 70% della biomassa degli uccelli del pianeta è pollame da allevamento, solo il 30% è costituito da specie selvatiche. Il 60% della biomassa dei mammiferi sul pianeta è costituito da bovini e suini da allevamento, il 36% da umani e appena il 4% da mammiferi selvatici. Una quantità enorme di animali destinato al consumo alimentare con un impatto ambientale e climatico gigantesco.

Un recentissimo rapporto stima che le emissioni annuali di metano - uno dei più micidiali gas serra - di 15 multinazionali operanti nella carne e nel lattiero caseario ammontano a circa 12,8 milioni di tonnellate, pari a oltre l'80% dell'intera impronta di metano dell'Unione Europea.
Strategie di riduzione? Nel corso della Cop 27 oltre 150 Paesi - circa 50 in più rispetto al lancio dell'iniziativa alla Cop 26 nel 2021, hanno sottoscritto il Patto globale per ridurre le emissioni di metano.

L'impegno a ridurre le emissioni del potente gas serra del 30% in questo decennio è fondamentale per limitare il riscaldamento del pianeta a 1,5 gradi Celsius. Il Global Methane Hub ha devoluto 70 milioni di dollari per ricerca e sviluppo sulla riduzione delle emissioni di metano dalla fermentazione enterica degli animali, con un target di raccolta fondi di 200 milioni di dollari entro il primo trimestre del 2023.

La soluzione ci appare quanto mai macchinosa e fuorviante. Migliorare la prestazione digestiva dei bovini, concetto già complesso di suo, non è una soluzione. Modificare ulteriormente gli animali senza mettere in discussione l’insostenibilità climatica, in primis, del sistema alimentare, è un modo di non affrontare l’emergenza, effettuando solo un blando greenwashing.

Anche l’Italia ha aderito al Patto globale per ridurre le emissioni di metano: tra le strategie che metterà in campo ci sarà un efficace impegno sulla mitigazione dell’impatto del sistema alimentare attuale?

Il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, nel suo intervento alla Cop 27 - dove è rimasto un tempo brevissimo - aveva dichiarato di voler mettere una data di morte ai combustibili fossili in Italia, mentre nel commento di chiusura dichiara che si è probabilmente persa un’occasione importante per incrementare l’ambizione nel campo delle politiche di mitigazione.

Nessuna menzione dell’impatto della zootecnia, quando invece è fondamentale riconoscere l’enorme rischio a cui ci esponiamo se non cambiamo paradigma di produzione/consumo alimentare. Solo attraverso politiche mirate alla riduzione del numero di animali allevati e della loro quotidiana incommensurabile sofferenza si implementerà una efficace lotta al cambiamento climatico.

L’emergenza è oggi e fin da subito è compito dei governi, incluso quello italiano, impegnarsi per riformare il sistema alimentare spostandolo verso produzioni meno impattanti che convergano su alimenti di origine vegetale, con benefici per la collettività che oltrepassano quello climatico.

LAV non smetterà di chiedere urgenti impegni politici e istituzionali in merito: chiudere gli occhi invece di trovare soluzioni concrete non è più ammissibile.


Prima foto - Lagune di liquami in allevamenti CAFO (Concentrated Animal Feeding Operations) del Nord Carolina. Ph. Jo Ann McArthur - weanimalsmedia.org - via UNSPLASH

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giovedì 10 novembre 2022

COP27, vogliamo parlare dell'impatto degli allevamenti sul clima

La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop 27), attualmente in corso in Egitto, cade in un periodo assai critico per la guerra in corso, per la crisi energetica ed economica, per le differenze nella capacità dei paesi di affrontare le conseguenze del cambiamento climatico. Si tratta di variabili cruciali, da tenere in considerazione per raggiungere obiettivi reali di salvezza. Per tutti.

Anche gli animali sono vittime del processo di progressivo aumento delle temperature che altera gli equilibri del Pianeta.

In tutte le sue fasi, l'allevamento influisce negativamente sull'ambiente e ha un impatto e costi nascosti di gran lunga maggiori rispetto ad altre produzioni agricole. Anche eliminando le emissioni da combustibili fossili, le emissioni dell'attuale sistema alimentare globale, fortemente sbilanciato verso cibi di origine animale, lascerebbero l'obiettivo di 1,5°C fuori portata e renderebbero difficile rimanere al di sotto dei 2°C di riscaldamento.

Le stime mostrano una domanda di carne in crescita, soprattutto nei paesi di nuovo benessere, tanto da far prevedere un raddoppio entro il 2050. Si tratta di un previsioni catastrofiche a livello ambientale e non solo. È perciò tassativo individuare al più presto nuove soluzioni per soddisfare il fabbisogno proteico mondiale e ridurre la pressione del consumo di carne sul Pianeta – solo per ricavare i vegetali destinati ai mangimi si utilizzano il 40% dei terreni coltivabili nel mondo - e sul clima, e aumentare la resilienza del sistema alimentare.

Il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) – come tanti altri organismi internazionali - riconosce l'elevato potenziale di mitigazione degli impatti di un cambiamento alimentare con l’incremento dei cibi 100% vegetali.

È necessario che i Governi mettano al primo posto la salvaguardia del Pianeta e si svincolino da interessi concentrati nelle mani di pochi. La politica deve fare in modo che l’economia basata sullo sfruttamento degli animali non continui ad essere sovvenzionata per distruggere il Pianeta, con pesanti conseguenze per tutta la collettività.

LA COP 26 non ha riconosciuto l’impatto della zootecnia sul clima, né l’importanza di ridurre il numero di animali allevati come misura di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico. Non è utopia, ma realtà: ne sono un esempio i Paesi Bassi, il cui governo ha approvato la riduzione del 30% del numero di animali allevati entro il 2035 proprio per affrontare gravi problematiche ambientali legate all’elevata densità zootecnica del Paese.

Dalla COP27 deve invece emergere l’impegno alla trasformazione dei sistemi alimentari per arginare la catastrofe climatica: chiediamo che l’impatto ambientale della zootecnia diventi materia di decisioni per Governi e Cop in un percorso volto almeno alla riduzione del numero di animali allevati.

Il governo italiano, con particolare riferimento al Presidente Meloni, ha il dovere di portare sul tavolo della Conferenza delle Parti efficaci azioni di contrasto al cambiamento climatico che prevedano interventi coraggiosi in ambito di politiche agricole e alimentari, e ciò non può prescindere dal parlare dell’impatto ultra negativo degli allevamenti.

Gli ingenti sussidi che ogni anno arrivano al comparto zootecnico attraverso la Politica Agricola Comune europea sovvenzionano produzioni non sostenibili: è indispensabile dirottare tali finanziamenti verso il sostegno alle produzioni di alimenti plant-based, poiché non può esistere una transizione ecologica senza transizione dalle proteine animali a quelle vegetali. Un dato per tutti: 1 kg di carne di bovino ha costi ambientali 23 volte superiori rispetto a 1 kg di legumi. #CARISSIMA CARNE

È fondamentale, inoltre, che il processo già iniziato dai singoli consumatori, che si orientano sempre più verso alimenti 100% vegetali, sia supportato da adeguati strumenti finanziari e da impegni istituzionali, anche nella ristorazione collettiva pubblica #SFIDAGREEN.


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