Speriamo che la sua storia diventi un simbolo di speranza e dimostri l’urgenza di porre fine allo sfruttamento degli animali nei circhi
Si è tenuta oggi, al Tribunale di Mantova, la seconda udienza del processo che vede coinvolto il circense, proprietario e gestore dell’elefantessa Bambi, che nel 2023 era stato accusato di detenere il pachiderma in condizioni non idonee e produttive di gravi sofferenze, come da capo d’imputazione: detenuta in uno spazio inadeguato per le sue dimensioni, senza una pavimentazione adatta né arricchimenti ambientali che potessero sopperire alla noia e alla solitudine, determinando la manifestazione di gravi comportamenti stereotipati, come movimenti ripetitivi e totale assenza di risposta a stimoli esterni.
Sia il Maresciallo dei Carabinieri Forestali che la veterinaria dell’ASL, testimoni del Pubblico Ministero interrogati durante l’udienza odierna, hanno confermato che le condizioni ambientali in cui è stata detenuta l’elefantessa all’interno del circo erano incompatibili con le sue caratteristiche etologiche.
Le anomalie comportamentali osservate durante i fatti di Mantova del 2023 evidenziavano uno stato di profondo malessere psicofisico, riconducibile a un ambiente inadeguato e non conforme alle prescrizioni contenute nelle Linee Guida CITES del 2000.
Le testimonianze hanno confermato quanto noi di LAV, costituiti parte civile nel processo, abbiamo sempre sostenuto: l'animale è stato detenuto contro le sue caratteristiche etologiche, infatti, Bambi non aveva la possibilità di usufruire di aree esterne né di arricchimenti ambientali ed era costretta a vivere in mezzo a un’esigua quantità di paglia e nelle sue stesse deiezioni.
Questo processo si apre proprio in vista di un altro evento fondamentale: il voto al Senato, dal prossimo 22 luglio, della proposta del Ministro della Cultura Alessandro Giuli di proroga del termine per l’esercizio delle deleghe che posticiperebbe al 31 dicembre 2026 l’attuazione della legge sul riordino dello spettacolo, che prevede la dismissione degli animali dai circhi. L’ennesimo rinvio, questa volta di un anno e mezzo, che rappresenterebbe una condanna per migliaia di animali ancora rinchiusi in gabbie e camion, esibiti in spettacoli umilianti.
La mancanza di arricchimenti, l’isolamento sociale, gli addestramenti coercitivi e la natura itinerante del circo non possono in alcun modo garantire le condizioni minime di ‘benessere’ degli animali, come sottoscritto dall’ordine dei veterinari europei e italiani.
Questo ritardo è intollerabile e ci allontana dagli standard europei e da un atto ormai imprescindibile di civiltà, ma soprattutto che non rispetta la volontà della stragrande maggioranza degli italiani.
Ci auguriamo che questo processo possa essere un faro di speranza ma soprattutto una battaglia simbolo che dimostra quanto sia urgente porre fine a questa tradizione obsoleta, anacronistica e ormai non più eticamente accettata dalla società, che invece chiede a gran voce un cambiamento verso uno spettacolo che metta al centro le abilità umane. Non importa quanto sia grande una gabbia, quell’animale vivrà costantemente come un prigioniero innocente sviluppando anomalie comportamentali e patologie fisiche. È giunto il momento di dire basta animali nei circhi, senza ulteriori proroghe o ritardi perché ogni rinvio è una condanna.