Si è portati a credere che dietro alla lana e alla seta non ci siano operazioni crudeli o violente. Non è così! Anche questi materiali derivano da sfruttamento e spesso dolore inferto agli animali più diversi e lontani tra loro.
Bachi da seta, pecore, capre Hircus (lana cashmere), capre d’Angora (lana mohair), conigli d’Angora (lana d’angora) e poi Alpaca, Lama, Vigogna, Guanaco, Cammello, Yak e altri ancora: sono molte le specie sfruttate per l’ottenimento dei “preziosi” filati.
È necessario guardare oltre le impalpabili sete, i morbidi cashmere e mohair, la soffice angora e il robusto tessuto di alpaca. Non dobbiamo fermarci all’apparenza, bloccarci alla superficie.
La tosatura degli animali, ai fini di ricavarne la lana, non è una pratica “naturale” come vuol far credere l’industria dell’abbigliamento. E agli animali coinvolti nelle produzioni non è consentita una vita naturale e in risposta alle proprie esigenze di specie.
Per ricavare filati e tessuti non si risparmia il ricorso a pratiche violente e cruente. Ecco alcuni esempi.
Nessuna produzione animale è rispettosa della natura degli animali e dell’ambiente.
Grazie alla sensibilizzazione di consumatori e aziende, anche tramite l’iniziativa AnimalFree Fashion, l’Industria tessile sta evolvendo con lo sviluppo e l’applicazione di filati alternativi a quelli di origine animale.
Sostienici eliminando gli acquisti di prodotti moda realizzati con filati animali, anche se accompagnati dalle cosiddette Certificazioni “Responsabili” o se realizzati con materiali (animali) riciclati.
Visita il sito Animal Free Fashion, trovi tante idee per uno shopping rispettoso degli animali.