Allevamenti polli nelle Marche: siamo a fianco del comitato per la Vallesina, presidio di legalità
Si è tenuta ieri mattina la conferenza stampa organizzata dal comitato per la Vallesina, unico baluardo in contrasto con l’impero dell’allevamento di polli Fileni che sta devastando le Marche.
Tra i relatori anche la giornalista Giulia Innocenzi, che ha sottolineato l’importanza di una diffusione mediatica di corrette informazioni, scevra dagli interessi pubblicitari con le aziende zootecniche e la dott.ssa Eva Rigonat che ha illustrato le evidenze scientifiche degli impatti negativi dell’industria di polli nella provincia di Ancona. 
Noi di LAV da tempo raccontiamo le attività di contrasto a nuove aperture di allevamenti che, spesso inspiegabilmente, ottengono autorizzazioni ambientali e permessi a costruire .
I danni su animali, persone e ambiente sono incalcolabili, ma individuabili e opportunatamente riscontrati in numerosi approfondimenti scientifici, in ultimo quello dell’ISDE Italia, presentato in conferenza stampa dalla dott.ssa Rigonat circa l’effetto inquinante con danni sulla salute umana degli allevamenti intensivi, particolarmente di quelli avicoli e con focus sulla provincia di Ancona.
Nonostante le rilevanze scientifiche che vedono, tra le altre cose, problemi di inquinamento di terra e di acque, sul territorio nazionale si continuano a costruire maxi-allevamenti per soddisfare gli interessi di un comparto, quello zootecnico, insostenibile e che sta collassando su se stesso nel continuo contrasto ad una transizione alimentare necessaria e possibile.
È bene precisare, infatti, che gli allevamenti esistono per coprire non un fabbisogno alimentare reale, ma un fabbisogno alimentare indotto ed ovunque propinato al posto di quello a base vegetale.
I cittadini, insieme agli animali sfruttati nel comparto zootecnico e all’ambiente sono le prime vittime di questo modello alimentare e delle decisioni che azienda zootecnica ed amministrazione locale di turno prendono, determinando costruzioni di nuovi allevamenti senza consultare in alcun modo la cittadinanza. 
Si assiste, in questi casi, alla mancanza di trasparenza delle procedure autorizzative.  I cittadini non vengono adeguatamente e tempestivamente informati, le trattative proseguono tra comune e azienda, quasi si trattasse di un fatto privato. Ma quando si parla di allevamenti di dimensioni così consistenti non è mai una questione privata poiché il loro insediamento interessa l'intera comunità e incide in modo drastico sulla qualità della vita e sulla salute di animali e persone.
I cittadini, a partire da quelli del comitato per la Vallesina, non dovrebbero mai sostituirsi agli organi di vigilanza, ma, di fatto, è quello che accade: sono loro a presentare denunce e, come accaduto nel caso degli allevamenti Fileni, spesso i ricorsi amministrativi imputano all’azienda diverse irregolarità, da quelle urbanistiche a quelle relative alle immissioni in atmosfera e all'impiego delle risorse idriche e non sono rare le successive condanne e le sanzioni. 
In generale, nonostante le evidenze, sembra ormai ammesso dalle istituzioni un modo di fare impresa che molto poco ha di etico e di sostenibile, ma che ha come unico obiettivo la massimizzazione del profitto aziendale.
Proprio le amministrazioni locali dovrebbero essere il primo presidio di tutela e sviluppo del territorio e della collettività che lo abita e dovrebbero quindi contrastare attività inquinanti, non autorizzandole o comunque ascoltando i cittadini. 
Come ampiamente mostrato dalla letteratura scientifica, le produzioni animali in generale sono insostenibili dal punto di vista ambientale e climatico. Inoltre, l’allevamento di animali a fini alimentari, in particolar modo quello su scala industriale, pone minacce anche sulla sanità pubblica, a partire dall’antimicrobico-resistenza e dalla diffusione di zoonosi, come l’influenza aviaria. 
Le Giunte di entrambe le regioni sono chiamate a verificare le modalità di controllo degli allevamenti da parte dei servizi veterinari competenti ed i protocolli utilizzati in azienda per quanto riguarda la gestione degli animali coinvolti nella filiera, oltre che ad accogliere le istanze di cittadini che si battono contro nuove aperture e contro lo stravolgimento del territorio che la costruzione di un nuovo sito produttivo comporterebbe.
LAV sostiene con forza il Comitato Valmarecchia per contrastare l’apertura del nuovo allevamento di polli Fileni a Maiolo. La preoccupazione su questa apertura è tanta, come mostrato dalle proteste di cittadini e associazioni di categoria, nonché dall’interrogazione regionale Emilia-Romagna. 
Le richieste di LAV sono due: la revoca della certificazione B-Corp a Fileni Alimentare e l’inserimento delle aziende zootecniche nelle “controversial issues” di B-Lab, ovvero in quella categoria di attività che non possono ricevere la certificazione, salvo precisi impegni vincolanti.
Ma vale la pena uscire dal singolo caso, che pur merita grande attenzione, e dalla logica del NIMBY, un’espressione inglese che sta ad indicare “Not in My Back Yard”, ovvero “non nel mio giardino”. Sono ormai all’ordine del giorno le proteste di cittadini che si sentono accerchiati da queste vere e proprie fabbriche di animali ed espropriati della possibilità di fruire del territorio come hanno sempre fatto.
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