Fabbriche animali

Il settore zootecnico è il maggiore responsabile dello sfruttamento di animali in termini di numero di individui sfruttati e uccisi ogni anno.

Spazi sovraffollati, angusti, sporchi, spogli e con luce artificiale, che non offrono agli animali alcuna possibilità di mettere in atto comportamenti naturali: questa è la realtà nella quasi totalità degli allevamenti, nei quali gli animali destinati al consumo alimentare trascorrono la loro breve vita.

Un esempio? I bovini "da ingrasso", costretti praticamente all’immobilità per evitare il dispendio di energie che rallenterebbe l’accumulo di peso. E ancora le scrofe, che passano quasi metà della loro vita confinate in gabbie, prima di gestazione e poi da parto, dove non possono neanche girarsi su loro stesse. 

Il sovraffollamento è una caratteristica comune degli allevamenti. I conigli, ad esempio, vengono allevati in due o tre nella stessa gabbia, nell’impossibilità di stendersi completamente e di muoversi secondo le esigenze di specie, in una situazione di stress tale da renderli inappetenti e da richiedere l’utilizzo di integratori per sopperire a questa condizione.

La detenzione di animali in densità così elevate dà origine a patologie che vengono contrastate con un massiccio uso di farmaci, anche a livello preventivo.
Un grave effetto collaterale di questa pratica è lo sviluppo di patogeni antibiotico-resistenti, in un circolo vizioso di diffusione di malattie e trattamenti antibiotici ripetuti. La situazione è peggiorata dal fatto che gli animali costretti negli allevamenti vivono in condizioni di grande stress e frustrazione per cui hanno un sistema immunitario debole e poco capace di difenderli dalle malattie.

Per approfondimenti: Allevamenti animali, bombe a orologeria