Home | Notizie | La nostra rubrica sulla carne coltivata

La nostra rubrica sulla carne coltivata

Approfondisci la tua conoscenza della carne coltivata, su quanto nutre, sul risparmio di vite animali, sulle emissioni, su come contrasterà il diffondersi di zoonosi e sul costo e poi tutti i falsi miti che la circondano!

Leggi l'articolo

Ultimo aggiornamento

venerdì 17 novembre 2023

Topic


Condividi

Stop alla carne coltivata: un grave passo indietro per gli animali, ma non solo

La Camera dei Deputati ha approvato iuna legge che vieta la produzione, il possesso e la vendita di carne coltivata in Italia.

La legge è stata approvata con 159 voti favorevoli, 34 astenuti e 53 contrari. Come abbiamo spiegato ieri si tratta di un atto normativo che pone l'Italia in una posizione di impossibilità di sviluppo.

  • Si tratta di un'assurda difesa del Made in Italy, un deliberato attacco al progresso contro il progresso, abbracciato invece da altri Stati, pronti ad avanzare verso scelte lungimiranti e di buon senso.
  • Il provvedimento pone l'Italia in contrasto con le normative europee, che non vietano la produzione e la commercializzazione di carne coltivata. È probabile infatti che la Commissione avvii una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese,
  • Ad aggravare il tutto c'è anche il divieto di utilizzare denominazioni legate alla carne per prodotti a base vegetale, come "hamburger vegetale" o "salsiccia vegetale" per la paura che questi alimenti confondano il consumatore di cibi di origine animale. 


SCOPRI 5 COSE CHE NON SAI SULLA CARNE COLTIVATA


La carne coltivata è una fonte di proteine a basso impatto ambientale, che contribuirà a ridurre la dipendenza dagli allevamenti e salverà un numero infinito di animali. 

Il  provvedimento ideologico di Lollobrigida  tenta di bloccare la diffusione dell'alimentazione vegetale, ma la diffusione dell'alimentazione vegetale proseguirà nonostante la manovra. 

A riprova, i supermercati dedicano sempre più spazio ai prodotti plant-based, preparandosi alla crescita di mercato che Precedence Research ha stimato. Si prevede infatti che il mercato registrerà una crescita di oltre il 10% annuo, raggiungendo, nel 2030, un valore di 64,5 miliardi di euro. Inoltre quasi il 7% della popolazione italiana segue un'alimentazione a base vegetale, senza contare tutti quei consumatori che sempre più spesso scelgono alimenti senza prodotti animali, con un approccio flexitariano al cibo.

In conclusione, l'approvazione di questa legge rappresenta un increscioso passo indietro per l'Italia, che rischia di perdere l'occasione di fare la sua parte nella transizione verso un sistema alimentare lungimirante in termini etici e di vite animali,  di salvaguardia del Pianeta e della salute di tutti.

Ripercorri la storyline

martedì 06 giugno 2023

I tanti nomi della carne coltivata. Esiste anche il pesce?

1. I vari nomi della carne coltivata e perché si chiama così

La prima persona che propose il concetto della carne coltivata fu Winston Churchill, che nel 1931 pubblicò un saggio dal titolo “Fifty years hence” in cui scrisse: "Con una maggiore conoscenza di quelli che vengono chiamati ormoni, cioè i messaggeri chimici nel nostro sangue, sarà possibile controllare la crescita. Sfuggiremo all'assurdità di far crescere un pollo intero per mangiarne il petto o l'ala, facendo crescere queste parti separatamente in un terreno adatto".

Dai primi anni del ‘900 gli studi e le tecniche per rendere la carne coltivata una realtà si sono sviluppati esponenzialmente, è  infatti del 2013 il primo hamburger cell-based e ad oggi EFSA si aspetta di ricevere le prime richieste di valutazione nei prossimi mesi.

Il Good Food Institute* ha compilato un’analisi della storia dello sviluppo e delle terminologie usate per indicare i prodotti da agricoltura cellulare, molte e molto diverse tra loro, riassumibili in quattro macrocategorie:

COLTIVATA

  • coltivata a cellule
  • coltivata in cella
  • colturale
  • coltivata
  • coltivata in laboratorio
  • a base cellulare

SINTETICA / DI LABORATORIO

  • in vitro
  • sintetica
  • in provetta
  • carne 2.0c
  • clean

ETICA

  • animal free
  • cruelty free
  • carne senza macellazione

ARTIFICIALE

  • artificiale
  • fake
  • frankenmeat
  • imitazione

Ricercatori, esperti ed autorità in fatto di alimentazione tendono ad usare i termini relativi alle prime due categorie, perché quelli che effettivamente identificano le proprietà intrinseche di questi nuovi prodotti.

Quello che emerge, è quindi che la volontà di interrompere l’insensato ciclo continuo di sofferenza e morte è un bisogno che si sta facendo strada da quasi 100 anni ed ora che abbiamo i mezzi per finalizzare la ricerca e la produzione di carne coltivata tutti la chiamano in modi più o meno propri.

Che si ricordi però che gli esperti parlano di “carne coltivata” proprio perché spiega in modo semplice e preciso la natura di questi nuovi alimenti, che nulla hanno a che fare con prodotti sintetici o “Frankenstein”.

2. È possibile coltivare anche il pesce

Nei prossimi 30 anni, si prevede che la popolazione mondiale passerà da 7,7 miliardi a 9,7 miliardi di persone. Oltre all'aumento del fabbisogno alimentare, si prevede che nell’alimentazione dei paesi in via di sviluppo aumenterà anche la richiesta di carne e di pesce. 

La pressione sugli stock ittici attraverso la pesca di cattura è aumentata negli ultimi 40 anni fino al punto che il 33,1% degli stock è pescato oltre la sostenibilità biologica e alcune popolazioni sono già in declino.

Diverse sono le startup che stanno lavorando per sviluppare prodotti a base di cellule di pesce coltivate e le due realtà che stanno facendo da apripista sul tema sono l’americana Umami Meats e l’israeliana Stakeholder Foods, che da luglio 2022 stanno collaborando alla creazione del primo prodotto cellulare a base di pesce, che pare essere vicino al lancio sul mercato.** L'alimentazione a base cellulare potrebbero risolvere alcuni problemi di sostenibilità associati alla pesca e all'acquacoltura di cattura, tra cui l'incertezza dell'approvvigionamento e la necessità di terreni. Il cosiddetto “clean-fish” a base di cellule potrebbe essere prodotto attraverso un processo analogo a quello della carne coltivata.

Al di là della possibilità di sviluppare una carne di pesce a base di cellule per soddisfare una domanda in crescita, la scelta di puntare sulle cellule di pesce offre vantaggi ingegneristici rispetto ad altri approcci basati sui mammiferi e sulle cellule.

Per quanto riguarda il raddoppiamento del processo biologico, in cui i bioreattori vengono utilizzati per far crescere un numero molto elevato di cellule di partenza, la letteratura di ricerca indica che le cellule di pesce sono più vantaggiose in diversi modi:

  • Le cellule di pesce permettono una maggiore replicazione cellulare
  • Le cellule di pesce potrebbero avere una maggiore stabilità del cariotipo (insieme di caratteristiche dei cromosomi)
  • Possono essere coltivate in “aria atmosferica” (una miscela di aria, ossigeno e azoto, senza la necessità di inserire nel processo anidride carbonica come nel caso di cellule di mammiferi o avicoli), rendendo il processo di scale-up più semplice.

    * FAO & WHO. 2023. Food safety aspects of cell-based food.


CHIUDI

mercoledì 31 maggio 2023

La maggior parte delle persone proverebbe la carne coltivata

Il 63% dei consumatori spagnoli intervistati in un recente studio ha dichiarato di voler provare la carne coltivata e il 46% di volerla acquistare.

Le tre ragioni principali alla base della volontà di consumare carne coltivata sono risultate essere il benessere degli animali (63%), le preoccupazioni ambientali (50%) e la curiosità (48%). Queste cifre sono state rivelate dal rapporto “Consumer perception of cultured meat”, condotto dall'istituto tecnologico spagnolo Ainia, finanziato dal Ministero Regionale dell'Innovazione di Valencia nell'ambito del progetto Smartmeat.

Inoltre, uno studio supportato da Gaia.Be. ha indagato le opinioni degli esperti del settore riguardo il futuro della carne coltivata. I dati hanno mostrato che il 53,7% degli esperti  ritiene che la domanda di carne coltivata sarà elevata, anche in virtù della propensione dei consumatori ad acquistare prodotti cellullari.

Le indagini condotte in Brasile mostrano che oltre il 59% dei consumatori sono disposti a provare la carne coltivata.

Negli Stati Uniti, l'accettazione da parte dei consumatori è risultata attorno al 66% e in Europa, anche se i risultati variano da Paese a Paese, si è rilevato che il 39,3% dei belgi, 54% degli italiani, 58,3% dei tedeschi e 44,2% dei francesi sarebbero disposti a provare la carne coltivata.


CHIUDI

sabato 20 maggio 2023

Altri 5 falsi miti sulla carne coltivata

1.     La carne coltivata è un prodotto solo delle “big corporate” Solo lo scorso anno sono nate 20 nuove startup di carne coltivata, portando il conteggio delle imprese del se... LEGGI I DETTAGLI

1.     La carne coltivata è un prodotto solo delle “big corporate”

Solo lo scorso anno sono nate 20 nuove startup di carne coltivata, portando il conteggio delle imprese del settore a un totale di 156, divise in 26 Paesi del mondo. L’interesse (e la necessità) di innovare l’attuale industria alimentare è sempre maggiore e la carne coltivata si sta affermando sempre più come una delle possibili vie di cambiamento.

Secondo il Good Food Institute, le potenzialità della carne coltivata sono infatti in continua crescita. Non è dunque una stranezza che si ritrovino nomi noti anche in questo nuovo settore, tra cui grandi aziende di carne come JBS Foods (americana) o investitori famosi come Leonardo DiCaprio. Delle oltre 150 aziende che si occupano di sviluppare e produrre alimenti da agricoltura cellulare sicuramente qualcuna avrà ottenuto finanziamenti da persone o imprese che possono essere considerati controversi, ma le più sono indipendenti o finanziate dai propri Governi, alcuni dei quali hanno svolto un ruolo importante nel sostenere lo sviluppo dell'industria della carne coltivata. Nel 2022, Israele ha infatti concesso una sovvenzione di 18 milioni di dollari a un consorzio di 14 aziende produttrici di carne coltivata e a 10 università e istituti di ricerca. Mentre il governo olandese ha stanziato 60 milioni di dollari di finanziamenti pubblici per la creazione di un ecosistema attorno all'industria della carne coltivata e del latte.

Ciò a cui si sta assistendo è il semplice riconoscimento da parte di diversi e variegati attori della nascita di un nuovo settore industriale, innovativo, ecologico e non ancora saturo come molti altri. Il fatto che anche “big corporate” o macro-investitori abbiamo deciso di interessarsene non è una novità e non è nulla di diverso da quanto già non accada da decenni in altri campi dell’industria alimentare, a cui forse si è più abituati per farcisi caso. Ad esempio il caffè Nespresso, il cioccolato Perugina e le bevande S. Pellegrino, sono tutti prodotti di proprietà di Nestlè, uno dei gruppi più ricchi e potenti al mondo, ma anche trai più inquinanti e accusati di avvalersi di lavoro minorile. Il tema da porsi non è quindi che vi siano persone o grandi aziende coinvolte nello sviluppo della carne coltivata, bensì il fatto che si abbia estrema necessità di una transizione alimentare che coinvolga consumatori, produttori e governi, per l’ambiente, per gli animali e per la salute umana.

2.     La carne coltivata sostituirà la tradizione agricola

La carne coltivata al momento non è ancora disponibile per la vendita ed il consumo in Europa, anche se l’EFSA (European Food Safety Authority) è impegnata in frequenti confronti con specialisti e tecnici del settore per sviluppare una normativa adeguata e accogliere le prime richieste di valutazione di nuovi alimenti. Un esempio dell’impegno dell’EFSA al riguardo è stato l’ultimo Colloquium “Cell Culture-derived Foods and Food Ingredients”, in cui peraltro si ha riaffermato la necessità di innovare velocemente e in modo sicuro, etico e sostenibile il modo in cui ci alimentiamo.
La preoccupazione del settore zootecnico e la paura che la carne coltivata possa sostituire la tradizione agricola, oltre che poco fondate, sono anche in anticipo sui tempi. Benché LAV si augura che il progresso in fatto di cultured meat sia veloce e si possa presto commercializzare un nuovo prodotto alimentare che non dipenda dallo sfruttamento e dalla sofferenza animale, l’introduzione di carne coltivata sul mercato sarà sicuramente graduale e inscritta in una più ampia strategia volta ad implementare la necessaria ed inevitabile transizione alimentare.
Il settore zootecnico
, più che dalla carne coltivata, è infatti sempre più minacciato dai cambiamenti climatici. Secondo le previsioni del Fairr (Farm Animal Investment Risk and Returns), i costi causati dalla crisi climatica dovrebbero comportare, entro il 2030, una riduzione degli utili di 23,7 miliardi di dollari per le 40 maggiori aziende di allevamento del mondo. Il presidente del Fairr ha dunque commentato dicendo che “Le aziende di carne devono adattarsi rapidamente oppure ne pagheranno il prezzo, […] per mitigare l’evidente rischio, le aziende zootecniche dovrebbero adottare un approccio scientifico ed esplorare nuove strategie, compresa la diversificazione di prodotti con alternative plant based”. Jeremy Coller, il presidente del Fairr, ha precisamente descritto il funzionamento della transizione alimentare, indicando la direzione in cui l’industria agroalimentare deve inevitabilmente voltarsi.

3.       La carne coltivata provoca un maggiore rischio di contaminazioni tra specie

Una delle tante accuse fatte alla carne coltivata è relativa al rischio di cross-contaminazione durante il processo produttivo, come fatto, per esempio, dall’On. Siracusano durante l’interpellanza urgente dello scorso aprile. Analizzando la ricerca condotta da OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)  e FAO (Food and Agricolture Organization of the United Nations) emerge che questo rischio è presente solo in due delle quattro fasi produttive e che:

-        Il rischio di cross contaminazione nella fase di approvvigionamento cellulare è analogo un tipo di rischio simile è presente anche nella produzione di alimenti convenzionali e nelle colture cellulari per scopi terapeutici. Per mitigare il rischio è necessario seguire le buone pratiche pertinenti la conservazione delle cellule, il mantenimento di un registro dei dati per le fiale di cellule prelevate dal criostorage (conservazione in azoto liquido) e controlli regolari della qualità al microscopio per verificare la presenza di altre cellule o di contaminanti.

-       Nella fase di produzione dell’alimento, il rischio è paragonabile a un tipo di rischio simile, presente anche nella produzione di alimenti convenzionali e nella coltura di cellule per scopi terapeutici. È possibile mitigare il rischio seguendo buone pratiche, tramite l’ispezione visiva di apparecchiature, accessori e componenti, con il monitoraggio continuo delle celle e l’implementazione di controlli.

Il rischio che vi sia una cross-contaminazione è, infatti, presente nelle linee produttive di moltissimi alimenti che vengono acquistati tutti i giorni, tuttavia per i prodotti già in commercio non vengono creati allarmismi strategici.

Inoltre, uno dei veicoli principali di contaminazione è il brodo di coltura in cui le cellule sono immerse per potersi riprodurre, fino a poco tempo fa derivato dal siero fetale bovino (BFS). Il BFS, oltre a porre evidenti problematiche da un punto di vista etico, dal momento che prevede l’uccisione di una mucca gravida e del suo feto per essere prodotto, può essere veicolo di contaminazione. Per questi motivi, ricercatori ed esperti internazionali sono concordi sulla necessità e possibilità di sostituirlo con un liquido di coltura senza alcuna componente animale, come anche ribadito da due ricercatori del settore, durante l’evento organizzato da LAV nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile di ASviS.

4.     La carne coltivata non è un cibo accessibile alla maggioranza delle persone

La ricerca sulla carne coltivata ha fatto molti progressi negli ultimi dieci anni: si pensi che il primo burger da agricoltura colturale prodotto nel 2013 aveva un costo di 330.000$, mentre la ricerca condotta da Delft CE ha stimato che entro il 2030 il costo per 1kg di carne coltivata potrebbe essere inferiore ai 6$.

È dunque sensato ritenere che, anche se inizialmente i primi prodotti colturali potrebbero essere più costosi, sostenendo e sviluppando l’industria degli alimenti cell cultured-based il prezzo potrebbe facilmente essere accessibile a gran parte della popolazione, allineandosi al costo attuale della carne ottenuta dalla macellazione di animali. Anche in virtù di ciò, è essenziale che l’Italia non perda l’opportunità di competere in questo settore con gli altri Paesi europei: producendo carne coltivata a livello nazionale sarà possibile contenere maggiormente i costi, piuttosto che importare prodotti colturali dall’estero.

5.      I laboratori occuperebbero troppi terreni danneggiando il territorio e l’agricoltura

Nell'ultimo secolo, i bioreattori hanno svolto un ruolo sempre più importante producendo prodotti da cui dipendiamo ogni giorno e sono alla base di alcune delle ricerche e delle innovazioni più all'avanguardia nel mondo dell'agricoltura, dei biocarburanti, dei biomateriali, della medicina e della produzione alimentare.

I serbatoi di fermentazione hanno da tempo consentito la produzione di massa di etanolo e altri composti come l'acetone e sono responsabili della maggior parte degli antibiotici oggi in commercio. Da anni anche l'industria alimentare utilizza i fermentatori per la produzione di massa di molecole specifiche utilizzate per produrre vitamine, integratori nutrizionali e alimenti trasformati arricchiti.

Sulla base di tali premesse, l'industria della carne coltivata utilizzerà i bioreattori per la coltura cellulare e la conseguente produzione di alimenti. I bioreattori non sono dunque nulla di nuovo o di spaventoso.

Secondo una ricerca diffusa dal Good Food Institute, inoltre, una produzione su larga scala di carne coltivata non sottrarrà terreni danneggiando il territorio, al contrario, i dati supportano questa la previsione per cui la carne coltivata risulta essere oltre 3 volte più efficiente del pollo convenzionale nel convertire il mangime in carne. L'aumento dell'efficienza delle risorse si traduce quindi in una riduzione della domanda di colture alimentari, che a sua volta contribuisce all'aumento della produttività, riduzione dell'uso del suolo e dell'acqua, oltre alla riduzione degli input come pesticidi e fertilizzanti.

Sarà quindi importante capire come i benefici della riduzione del fabbisogno di terreni della carne colturale potranno essere utilizzati per riconvertire attuali terreni agricoli utilizzati per l'alimentazione di animali in terreni per la produzione di più alimenti per l'uomo, per la produzione di energia rinnovabile o per la creazione di habitat selvatici.

 


CHIUDI

giovedì 11 maggio 2023

Cinque cose che non sapevi sulla carne coltivata

1. La carne coltivata nutre tre volte più del pollo Secondo uno studio di gennaio 2023, reso pubblico da Gaia.Be e Good Food Institute, la carne coltivata è quasi tre volte più efficiente nel tr... LEGGI I DETTAGLI

1. La carne coltivata nutre tre volte più del pollo

Secondo uno studio di gennaio 2023, reso pubblico da Gaia.Be e Good Food Institute, la carne coltivata è quasi tre volte più efficiente nel trasformare i raccolti in carne rispetto al pollo, l'animale allevato ad oggi più efficiente, riducendo di conseguenza anche l’uso di terreni agricoli.

Ad oggi, in Italia, circa il 98% dei polli allevati per la loro carne è della razza broiler, appositamente selezionata e modificata geneticamente negli anni per sviluppare enormemente e in tempi record le parti del corpo più richieste dal mercato.

I ricercatori dello studio hanno inoltre concluso che la carne da agricoltura cellulare ha il potenziale per essere una fonte sostenibile di proteine animali. L'utilizzo del suolo richiesto per la produzione di carne colturale è significativamente inferiore a quello di tutte le carni convenzionali, grazie alla conversione più efficiente delle colture in carne. Sostituire nella propria alimentazione la carne da macellazione con la cultivated meat significa anche liberare terreno, oltre che risparmiare da sofferenza e morte milioni di animali, ad oggi destinato agli allevamenti intensivi e alle colture necessarie per i mangimi. Questi terreni potrebbero essere utilizzati per mitigare i cambiamenti climatici, sostenere la biodiversità o fornire altri benefici sociali e ambientali.

2. La carne coltivata riduce considerevolmente lo sfruttamento animale: basta prelevare solo poche cellule da animali con una pratica indolore

La produzione di carne coltivata inizia infatti con un prelievo di cellule da un animale vivo e in buona salute. Il prelievo cellulare, ha dichiarato il Dr. Biressi, durante l’evento di lunedì 8 maggio organizzato da LAV nell’ambito del Festival della Sostenibilità di ASviS, in alcuni casi può limitarsi a un semplice prelievo di sangue. Una grande differenza dalla costante sofferenza che i milioni di animali detenuti negli allevamenti sono costretti a sopportare quotidianamente, fino alla loro morte, anch’essa spesso non definibile come indolore. Un recente articolo di Sentient Media, riporta che, per l'estrazione di cellule dal tessuto muscolare e cutaneo di un animale vivo, si può anche ricorrere all'anestesia locale per eliminare il disagio momentaneo che l'animale può provare, inoltre la parte del corpo dell'animale da cui vengono prelevate le cellule dipende dal tipo di carne prodotta. Nei polli, le cellule potrebbero essere estratte anche da un uovo o da una piuma. Certamente sarà necessario stabilire una normativa concernente il trattamento degli animali impiegati nella produzione di carne colturale, ma appare evidente l’enorme miglioria delle loro condizioni e il numero di individui che dovranno essere tenuti in cattività.

3. Ha il potenziale per ridurre di oltre il 90% le emissioni

La carne coltivata, è prodotta in bioreattori, impianti che richiedono porzioni di suolo nettamente inferiori a quelle degli allevamenti, e ha la necessità di impiegare nel processo solo pochi individui.

Gli studi LCA condotti fino ad oggi indicano che la carne da agricoltura cellulare ha il potenziale per avere un'impronta di carbonio, un uso del suolo, un uso dell'acqua ed effetti di eutrofizzazione marina inferiori rispetto alla maggior parte delle carni derivanti da macellazione (Tuomisto e Teixeira de Mattos 2011; Tuomisto et al. 2014, 2022; Mattick et al. 2015). Nello studio “Exante life cycle assessment of commercialscale cultivated meat production in 2030” di Sinke, Swartz, Sanctorum, Van der Giesen e Odegard si evidenzia che l’impatto ambientale della carne coltivata è sensibile alla scelta del mix energetico di cui ci si approvvigiona. Facendo dunque una media delle due stime più conservatrici e più ambiziose riportate dallo studio, si può ipotizzare che la produzione di carne coltivata possa generare circa 8,5 kg CO2eq. per ogni chilo prodotto.

Per confronto, in Italia attualmente, nella ricerca commissionata da LAV a Demetra , si è stimato che la  produzione di carne emette le seguenti quantità di CO2eq:

Bovino (Bistecca) 1kg = 30 kg CO2 eq.

Maiale (Salsiccia) 1 kg = 11,9 kg CO2 eq.

Pollo (Petto) 1 kg = 9,4 kg CO2 eq.

4. La carne coltivata riduce il rischio di zoonosi

Il rischio che si sviluppino o trasmettano malattie zoonotiche è presente sia nel processo produttivo della carne da macellazione, che in quello della carne coltivata.

Tuttavia, nel documento rilasciato da FAO a marzo 2023, intitolato “Food Safety Aspects of Cell-Based Foods”, si afferma che per quanto riguarda la carne coltivata le probabilità sono notevolmente inferiori rispetto all'allevamento convenzionale.

Negli allevamenti, gli animali sono infatti costretti a convivere le loro brevi vite in spazi ridotti, spesso in condizione di sovraffollamento: situazione che può facilmente essere la causa di malattie zoonotiche, come già LAV ha spiegato.

Nel 2022 anche Istituto Zooprofilattico delle Venezie si era espresso al riguardo, precisando che “data l’elevata frequenza con cui i virus vanno incontro a fenomeni di mutazione, c’è la concreta possibilità che da un serbatoio animale possa originare un nuovo virus per il quale la popolazione umana risulta suscettibile dando modo alla malattia di estendersi a livello globale, provocando quindi una pandemia.”.

5. Il costo della carne coltivata presto sarà equivalente a quello della carne macellata

I fattori di crescita sono attualmente l'ingrediente più costoso nel sistema di produzione della carne coltivata, ma diversi studi hanno dimostrato progressi sostanziali nella riduzione dei loro costi. Ad esempio, lo studio “State of the Industry Report|Cultivated meat and seafood” finanziato da Good Food Industry e New Harvest ha dimostrato l’efficacia di un metodo per produrre e purificare i fattori di crescita a basso costo.

Inoltre, il passaggio dall’utilizzo di un brodo di coltura animale a un brodo di coltura vegetale (cambiamento di cui LAV ha già parlato), permetterebbe un ulteriore riduzione dei costi, oltre che la produzione di alimentati da agricoltura cellulare completamente etici e sostenibili.

Negli ultimi dieci anni, si è già testimoniata una netta e verticale riduzione dei costi di produzione della carne coltivata, difatti nel 2013, anno in cui il pioniere dell’agricoltura cellulare, Mark Post, ha prodotto il primo hamburger coltivato, il costo si attestava attorno ai 300.000 dollari. Da allora, il prezzo è sceso di 6.000 volte e ora si aggira intorno ai 50 dollari a porzione. È possibile, dunque, aspettarsi un’ulteriore riduzione dei costi nei prossimi anni, anche grazie alla continua ricerca.


CHIUDI

venerdì 28 aprile 2023

Cinque falsi miti sulla carne coltivata

1. La carne coltivata è sintetica La carne coltivata (“sintetica” è un termine scorretto, usato strumentalmente da alcuni politici e ripreso dai media, ma mai utilizzat... LEGGI I DETTAGLI

1. La carne coltivata è sintetica

La carne coltivata (“sintetica” è un termine scorretto, usato strumentalmente da alcuni politici e ripreso dai media, ma mai utilizzato da nessun ricercatore) è un prodotto derivante dall’agricoltura cellulare, un procedimento per il quale a cellule prelevate da animali si forniscono l’ambiente idoneo alla riproduzione e i nutrimenti necessari, così che possano svilupparsi come farebbero in vivo (ossia all’interno del corpo di un organismo).

Non c’è nulla di innaturale o sintetico in questa tecnologia, peraltro in uso da decenni nel campo della medicina, come evidenziato nel position paper LAV.

Il processo di produzione inizia infatti con il prelievo di cellule da un animale vivo, in buona salute e tramite una pratica non dolorosa; le cellule sono poi selezionate e fatte crescere in un liquido di coltura composto da aminoacidi, glucosio, vitamine e sali inorganici e integrato con fattori di crescita e altre proteine. In questo ambiente, completamente sterile e adatto alla crescita, le cellule si differenziano e riproducono, andando a creare le fibre muscolari e i tessuti adiposi (la parte di grasso).

Dopo un periodo che varia dalle 2 alle 8 settimane è possibile raccogliere il prodotto cellulare finale, che avrà qualità analoghe alla carne ottenuta dalla macellazione degli animali.

2. La carne coltivata inquina più della carne “normale”

La produzione di carne da macellazione è responsabile della maggior parte delle emissioni clima-alteranti del settore agricolo, più di tre quarti dei terreni agricoli mondiali sono infatti destinati alla produzione di mangimi per gli animali detenuti negli allevamenti; tuttavia, i prodotti animali forniscono solo il 18% delle calorie alimentari globali e il 25% delle proteine (Good Food Institute). Gli impatti della carne da macellazione sono difficili da ridurre, perché generati lungo tutta la catena, ognuna delle fasi produce enormi quantità di CO2eq (non si tratta infatti solo di anidride carbonica, ma della somma dei gas serra che partecipano al cambiamento climatico, all’acidificazione ed ecotossicità terrestri e all’eutrofizzazione marina).

Come è stato già dimostrato nella ricerca commissionata da LAV all’istituto di ricerca indipendente Demetra “Il costo nascosto del consumo di carne in Italia”, in un anno, le emissioni associate al ciclo di vita della sola carne bovina consumata in Italia equivalgono a oltre 18 milioni di tonnellate di CO2eq, per un costo nascosto annuale di oltre 1.000.000.000 € (un miliardo di euro).

Facendo un paragone, l’inquinamento emesso dalla produzione di sola carne bovina in Italia è equivalente all’impatto delle più grandi e inquinanti centrali a carbone in Europa nell’arco di un anno.

La produzione di carne coltivata, benché non ci siano ancora delle stime definitive, potrebbe ridurre significativamente le emissioni, oltre che liberare centinaia di milioni di animali da sofferenze quotidiane.

In una recente ricerca di Delf CE è stata condotta un’analisi LCA (Life-cycle assessment) per stimare l’effettivo impatto ambientale che la produzione di carne coltivata su ampia scala avrebbe nei prossimi sei anni (entro il 2030).

La ricerca mette in luce che l'uso del suolo necessario alla produzione di carne coltivata è di gran lunga inferiore a quello di tutte le carni da macellazione e ne permetterebbe una riduzione di oltre il 90%.

Anche i risultati relativi alle emissioni di particolato fine e all'acidificazione terrestre per la carne coltivata sono inferiori a quelli di tutte le carni convenzionali e questi risultati sono relativamente insensibili alle modifiche del modello utilizzato dai ricercatori. Il motivo principale è che le emissioni di ammoniaca per produrre carne da agricoltura cellulare sono inferiori a quelle dei sistemi basati su allevamento e macellazione di animali, sia perché vengono meno le deiezioni sia perché la carne coltivata ha bisogno di meno colture e quindi di meno fertilizzanti. In totale, una produzione su larga scala di carne coltivata permetterebbe di ridurre del 92% il riscaldamento climatico causato dalla produzione di carne, del 93% l’inquinamento dell’aria, del 78% l’utilizzo di acqua e di oltre il 90% l’utilizzo di suolo. 

3. La carne coltivata mette a rischio il Made in Italy

Partendo dalla consapevolezza che i prodotti Made in Italy sono largamente costituiti anche da cibi di derivazione vegetale, si pensi alle Lenticchie di Castelluccio di Norcia o al Pane di Altamura solo per fare due esempi, è improbabile pensare che la carne coltivata possa soppiantare al 100% le produzioni di carne di tutta Italia. La cultured meat permetterebbe però di offrire alle persone un’opzione in più che non implica lo sfruttamento e l’uccisione di animali.

Se l’Italia fosse nelle condizioni di mettere in campo le proprie energie imprenditoriali e innovative sperimentando le possibili applicazioni di questa nuova tecnologia, inoltre, potrebbero crearsi nuove eccellenze, meno inquinanti e senza crudeltà. Ciò consentirebbe di continuare la lunga tradizione culinaria italiana senza, per questo, rimanere biecamente ancorati a modelli di produzione e consumo non sostenibili e sempre meno accettati dagli stessi consumatori. La creatività che caratterizza la cucina italiana potrebbe trovare nuove espressioni e dare vita a nuove tradizioni.

Se davvero la paura fosse quella di una perdita a livello di patrimonio gastronomico italiano, allora l’attenzione dovrebbe ricadere sull’accordo, stretto già dal 2018 e riconfermato a marzo 2023, tra Coldiretti e Mc Donald’s, che Ettore Prandini – allevatore Presidente dell’organizzazione di imprenditori agricoli nazionali - ha commentato dicendo “Mc Donald’s rappresenta l’italianità, le nostre eccellenze, la nostra biodiversità”.

Il timore che la cultivated meat possa in qualche modo soppiantare una tradizione secolare è stato instillato e strumentalizzato da chi vi si oppone, non perché esista un reale pericolo che questo possa capitare.

4.  La carne coltivata è carne e non potrà mai essere “vegana”

La carne coltiva è a tutti gli effetti carne ed è più che comprensibile se vegani e vegane non vorranno consumarla, come LAV spesso ricorda, una alimentazione interamente vegetale basata su legumi, ortaggi, frutta e cereali è già facilmente accessibile e permette di assumere tutti i nutrimenti necessari. Tuttavia, la cultivated meat permetterebbe di produrre un alimento senza sofferenza animale, che possa essere integrato nella quotidianità di una vasta porzione di consumatori, riducendo drasticamente l’utilizzo degli animali ad un prelievo di cellule, condotto con metodologia non invasiva e indolore. Un prodotto da agricoltura cellulare, benché di origine animale, potrebbe contrapporsi agli abusi che ogni giorno centinaia di milioni [1] di individui sono costretti a sopportare negli allevamenti prima di essere uccisi.

Inoltre, il fattore più problematico relativo alla carne coltivata, ossia l’uso di siero fetale bovino, appare di facile superamento: sono già svariati gli istituti di ricerca e le startup che utilizzano un brodo di coltura completamente privo di componenti animali – ne è un esempio l’olandese Mosa Meat – e diversi ricercatori italiani sono positivi circa la sua diffusione nei prossimi anni (ammesso che il Ddl proposto dal Ministro Lollobrigida - se approvato dal Parlamento - non freni anche lo sviluppo della ricerca in merito. Proposta di Legge comunque destinata a cadere in virtù di quella europea, una volta che EFSA si sarà espressa in materia).

5.   La carne coltivata contiene più antibiotici della carne macellata

La carne coltivata, a differenza di quella prodotta tramite l’uccisione di animali, viene lavorata in ambiente completamente sterile, condizione che richiede un minor uso di antibiotici. Negli allevamenti intensivi, che costituiscono la stragrande maggioranza degli allevamenti italiani, gli animali sono infatti stipati in ambienti ristretti, a stretto contatto tra loro, e vivono insieme a carcasse di individui morti di stenti (ne è esempio una delle ultime inchieste LAV). In queste condizioni di sovraffollamento e forte stress psico-fisico l’uso massiccio di antibiotici è necessario perché gli animali non si ammalino, condizione che nel caso della carne coltivata non sussiste.

Nel paper diffuso dalla FAO a inizio marzo 2023 si chiarisce che, poiché la coltivazione delle cellule avviene in condizioni di sterilità strettamente controllate, l'uso di antibiotici è drasticamente ridotto o può essere eliminato. In questo modo si riduce il rischio di esposizione umana agli antibiotici e lo sviluppo della resistenza antimicrobica, una delle più grandi minacce alla salute pubblica che l’OMS definisce “pandemia silenziosa”.


[1] Solo in Italia, oltre 630 milioni di animali terrestri   sono macellati ogni anno - (Fonte: Anagrafe zootecnica nazionale 2022) e miliardi di animali acquatici


CHIUDI